(di Rosaria Amato – Il Venerdì di Repubblica)
Le nuove tecnologie limitano i rischi ma sollevano un problema sulle responsabilità. In caso di incidente di chi è la colpa e chi deve pagare?
Il futuro sembra ancora lontano, ma a Pittsburgh è già cominciato da qualche settimana. Qui Uber ha lanciato la prima flotta di auto a guida autonoma. Per il momento non circoleranno da sole: la sperimentazione prevede la presenza di un tecnico al volante, pronto a prendere i comandi se qualcosa non dovesse funzionare.
Ma quanto tempo ci vorrà perché dalla sperimentazione si passi alla diffusione massiccia delle auto a guida ibrida, e poi completamente autonoma? Secondo le proiezioni di KPMG la data è il 2040 ma gli addetti ai lavori sono già da tempo all’opera per risolvere problemi tecnici e giuridici. E sono già arrivati i primi allarmi: “La menace pirate”, titolava, pochi giorni fa, il quotidiano francese Libération facendo riferimento alla possibilità che gli hacker possano impadronirsi a distanza del comando delle automobili, così come oggi avviene per le banche dati delle imprese. Le questioni legate alla diffusione delle auto a guida automatica sono molte e vanno dalla riformulazione dei contratti assicurativi alla soluzione di problemi etici. «Grazie agli algoritmi le vetture potranno massimizzare i benefici sociali», spiega Pasquale Ambrosio, senior manager KPMG. «Un esempio: se si trovasse davanti all’improvviso alcuni pedoni che attraversano la strada e non riuscisse a frenare in tempo, potrebbe anche decidere di schiantarsi, sacrificando il conducente, anziché investire quattro o cinque persone». Già adesso sono in circolazione auto che utilizzano meccanismi di questo tipo: «Molte sono dotate di dispositivi di sicurezza che tendono a limitare i danni grazie a elementi di guida assistita: per esempio una graduale frenata automatica che eviti gli effetti peggiori del colpo di sonno».
Per le assicurazioni però il problema principale è un altro: di chi sarà la colpa in caso di incidente? Lo spettro è ampio: dell’azienda produttrice di auto, di quella informatica che elabora gli algoritmi, o di quella che mappa le strade del pianeta, o di chi ha trascurato la manutenzione? In questo scenario, osserva Matteo Carbone di Bain & Company, assumeranno sempre più importanza la scatola nera e tutte le tecnologie che, attraverso l’uso della telematica, saranno in grado di monitorare la guida prevenendo frodi e incidenti e fornendo preziose informazioni sia al proprietario dell’auto che alle compagnie assicurative: «L’Italia, con 4,8 milioni di polizze auto legate ai telematics con una quota di mercato che si aggira intorno al 16 per cento, è leader del settore», spiega Carbone. «Gli Stati Uniti sono secondi con 3,3 milioni di polizze, ma con mercato inferiore al 2 per cento. Questi strumenti saranno fondamentali nel momento in cui le compagnie dovranno dimostrare che il loro cliente ha ragione, soprattutto nei casi più complessi di incidenti che coinvolgono auto a guida automatica e auto tradizionali».
Per i proprietari auto si prospetta un vantaggio notevole: secondo le proiezioni gli incidenti scenderanno dell’80 per cento con ricadute positive sui premi assicurativi.