Opinione della Settimana

Private banking: «Veto sulle polizze unit in pegno, Ivass ci ripensi»

Assicurazioni - Analisi bilancio (2) Imc

(di Federica Pezzatti – Il Sole 24 Ore Supplemento)

L’industria chiede di rivedere l’articolo 48 del Regolamento 5

In tempo di crisi capita anche a chi ha ingenti patrimoni di dover ricorrere al «pegno» per ottenere dei finanziamenti dalle banche sempre più preoccupate dagli npl (non performing loan). Si pensi, per esempio, agli imprenditori che sono stati colpiti in quest’ultimo periodo dal terremoto e che devono chiedere dei finanziamenti per proseguire nell’attività. Ebbene in Italia si può dare in pegno tutto, titoli, fondi comuni, ma non le polizze d’investimento. Ciò accade solo nel nostro paese, dove se un imprenditore che dopo aver investito in una polizza assicurativa di ramo III volesse chiedere un finanziamento portando la polizza in garanzia è costretto a riscattarla (con tutti i disagi conseguenti a tale operazione costi e magari anche accollo definitivo di eventuali perdite). Si tratta spesso di premi milionari e dunque di difficile e complicata gestione e smontaggio.

L’impossibilità di impegnare la polizza è dovuta a un divieto espresso dall’articolo 48, comma 1 bis del Regolamento Ivass numero 5 che recita: «gli intermediari comunque si astengono dall’assumere, direttamente o indirettamente (…) la contemporanea qualifica di beneficiario o di vincolatario delle prestazioni assicurative e quella di intermediario del relativo contratto in forma individuale o collettiva». Ci troviamo dunque in una situazione in cui l’articolo in questione è stato scritto a protezione dei consumatori ma, secondo gli operatori di settore, si trasforma in un boomerang per gli investitori quando viene applicato alle polizze (per lo più unit talvolta milionarie intermediate dalla banca stessa) ma stipulate per tutt’altri fini da chi vuole chiedere un finanziamento dandole in garanzia.

Ivass aveva introdotto il divieto per regolare in particolare il settore dei mutui e dei finanziamenti dove si era creata una situazione molto compromissoria per i risparmiatori che, volendo stipulare un mutuo, si trovavano spesso quasi costretti ad accendere anche una polizza a protezione del prestito (tipicamente Cpi) che vedeva la stessa banca come intermediaria e beneficiaria. Ma l’articolo è scritto in maniera sufficientemente ampia da non consentire all’interprete di escluderne l’applicabilità alle polizze di ramo III, nonostante la loro natura di prodotti finanziari assicurativi (e dunque l’applicabilità delle regole dettate dal Tuf e dal Regolamento Intermediari, che peraltro non prevedono regole quali l’Art. 48).

«Siamo fermamente convinti che l’Articolo 48 non debba applicarsi alle polizze di ramo III per una serie di ragioni – spiega Emanuele Grippo, dello Studio Gianni, Origoni, Grippo & Partners. Innanzitutto l’Art. 48 è stato introdotto per eliminare una prassi esistente nei mutui immobiliari (e ricorrente anche in talune tipologie di prestiti personali) mentre nella fattispecie di cui si discute, la situazione di fatto (e gli interessi da proteggere) sono totalmente diversi. In secondo luogo per quanto attiene all’interesse del cliente che ha investito a fini previdenziali o successori parrebbe penalizzato dal divieto più che tutelare l’assicurato sembra penalizzarlo». Insomma, secondo Grippo, legale attivo nel settore assicurativo e del private banking che sta seguendo la questione per Aipb e che ha trovato anche seguito presso l’Ania, gli interessi in gioco non sono divergenti ma semmai convergenti. Il divieto ove dovrebbe sussistere solo dove, in concreto, ci sia un conflitto di interessi (magari dovuto alla connessione anche temporale tra finanziamento erogato e copertura assicurativa) valutato caso per caso.

Infine, ricorda il legale, la disciplina Consob non prevede un tale divieto. La sussistenza di una prospettiva unitaria tra le normative “assicurative” e “finanziarie”, secondo Grippo, impone che ai prodotti finanziari assicurativi si applichino regole omogenee a quelle degli altri prodotti finanziari, come i fondi per esempio. «Infine le regole di condotta per la distribuzione dei prodotti finanziari assicurativi dovrebbero essere emanate/rielaborate in un’ottica di armonizzazione del campo di gioco, e dunque assicurando che regole omogenee vengano dettate a livello comunitario per l’operatività in regime di stabilimento e libera prestazione di servizi – spiega l’avvocato che sta cercando di intavolare a nome dell’industria un dialogo con Ivass –. Occorre poi interrogarsi sulla possibilità di considerare l’articolo 48 norma di interesse generale che, come tale, possa essere imposta dall’Italia nel contesto normativo in divenire (IDD, Mifid 2, PRIIPs)».

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