(di Antonino Porracciolo – Quotidiano del Diritto)
Non basta l’inosservanza dei doveri imposti dalla legge e dall’atto costitutivo a far scattare la responsabilità degli amministratori della società. È necessario, piuttosto, che la condotta abbia causato un danno concreto al patrimonio sociale. Lo afferma il Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia d’impresa (presidente Mannino, relatore Romano), in una sentenza depositata lo scorso 17 ottobre.
Il giudizio è stato promosso dalla socia di una Srl nei confronti dell’ex amministratore unico, a cui l’attrice ha contestato diverse violazioni degli obblighi previsti dalla legge: dalla scorretta redazione del bilancio al conflitto di interessi per la partecipazione a una società concorrente; dall’omessa redazione del resoconto di gestione al mancato passaggio di consegne al liquidatore. La socia ha quindi chiesto la condanna dell’ex amministratore al risarcimento del danno provocato alla società, nella misura accertata «in corso di causa, anche in via equitativa». Dal canto suo, l’amministratore ha chiesto il rigetto della pretesa risarcitoria.
Nel respingere la domanda, il Tribunale afferma, innanzitutto, che nei giudizi di responsabilità verso gli amministratori (articolo 2476 del Codice civile) l’attore non si può limitare a prospettare un inadempimento, ma deve «provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto» e cioè un «depauperamento del patrimonio sociale» dovuto all’azione dell’amministratore. In mancanza di questa prova, infatti, la pretesa risarcitoria sarebbe priva di oggetto.
Il giudice aggiunge quindi che la mancata (o non corretta) tenuta della contabilità «costituisce certamente un inadempimento» dei doveri degli amministratori. Tuttavia, ciò non implica («di per sé e necessariamente») una responsabilità civile a carico degli stessi amministratori, dal momento che «tale inadempimento non può dirsi, in assenza di altri elementi che devono essere allegati e provati dall’attore, causa di un danno per la società». Piuttosto – prosegue la sentenza – l’irregolare tenuta della contabilità può essere «presupposto di altri e diversi inadempimenti direttamente produttivi di danno». Come, ad esempio, quando serve a occultare le perdite per evitare lo scioglimento della società.
Situazione, questa, non dimostrata nel caso in esame, giacché la socia «ha completamente omesso finanche di allegare l’esistenza di un danno da ricollegare, sotto il profilo del nesso eziologico, a quelle violazioni».
Neanche la titolarità delle quote di una società concorrente giustifica, secondo il Tribunale, il risarcimento. Innanzitutto, perché la socia attrice si è limitata a una contestazione generica e senza l’indicazione di atti di concorrenza, come il passaggio di clienti da una società all’altra o la perdita di commesse. E poi perché non è stato chiarito quale danno la Srl avrebbe subìto in conseguenza del comportamento del suo amministratore. Anzi, «le allegazioni dell’attrice sono addirittura ipotetiche», giacché nell’atto di citazione si afferma che il comportamento dello stesso amministratore era stato «molto probabilmente» causa del danno al patrimonio societario.
Così il Tribunale ha escluso i presupposti per la condanna a un risarcimento. A carico dell’attrice sono state poste le spese di lite, liquidate in 2.900 euro.