(di Claudio Tucci – Il Sole 24 Ore)
Riparte in commissione Lavoro della Camera il Ddl su lavoro autonomo e agile: il provvedimento, licenziato a novembre dal Senato, ma qualche giorno dopo subito stoppato a causa della crisi del governo Renzi, è stato incardinato ieri a Montecitorio; e dal 10 gennaio inizieranno le audizioni (tra i primi a essere ascoltati, le parti sociali).
Il Ddl, presentato a febbraio 2016, poi collegato alla manovra, in 22 articoli estende una serie di tutele, dai pagamenti alla maternità passando per la formazione, a oltre due milioni di lavoratori autonomi; e disciplina, per la prima volta in Italia, lo smart working, vale a dire una modalità di esecuzione del rapporto di impiego subordinato che si caratterizza per il possibile utilizzo delle tecnologie digitali nell’ambito di forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con lo scopo di promuovere l’incremento della produttività e agevolare la conciliazione vita-lavoro.
«Inizieremo presto l’interlocuzione con il ministro Poletti – ha detto il presidente della commissione Lavoro della Camera, e relatore, Cesare Damiano –. Faremo le nostre correzioni. L’ipotesi è quella di portare il testo in Aula a partire da febbraio. C’è ampia condivisione sulla necessità di approvare definitivamente il Jobs act degli autonomi: è un atto dovuto per questi lavoratori».
«L’esigenza di tutelare al meglio partite Iva e professionisti è sacrosanta – replica Maurizio Del Conte, neo presidente di Anpal ed estensore del Ddl –. Se ci sono miglioramenti da apportare, discutiamone. Ma le norme non vanno stravolte».
Del resto, le novità contenute nel provvedimento sono significative: i professionisti, per esempio, potranno dedurre integralmente, entro un tetto annuo di 10mila euro, le spese per master, corsi di formazione e convegni (oggi ci si limita a una deduzione del 50% del loro ammontare). Si potranno “scaricare” fiscalmente anche gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni; e in ogni caso diventano abusive tutte quelle clausole che concordano termini “per saldare” superiori a 60 giorni dalla consegna della fattura al cliente.
Si apre, inoltre, a una mini rivoluzione anche sul fronte delle tutele lavoristiche: per gli iscritti alla gestione separata Inps i congedi parentali salgono da 3 a 6 mesi entro i primi tre anni di vita del bambino; e durante la maternità si avrà la possibilità di ricevere l’indennità pur continuando a lavorare (non scatta l’astensione obbligatoria). In caso di malattia o infortunio, su richiesta dell’interessato, si potrà sospendere la prestazione (salvo venga meno l’interesse del committente).
C’è poi il pieno coinvolgimento degli organismi di rappresentanza: si delega il governo a individuare gli «atti pubblici» da devolvere alle professioni ordinistiche, attraverso il riconoscimento del loro ruolo sussidiario (e di terzietà); a semplificare gli adempimenti su salute e sicurezza negli studi professionali quando sono simili alle abitazioni; a consentire, è un’altra novità, alle Casse di previdenza, anche in forma associata, di attivare altre nuove “prestazioni sociali”, con particolare attenzione agli iscritti colpiti da gravi patologie oncologiche.
Il Ddl autonomi e lavoro agile potrebbe essere l’ultimo provvedimento lavoristico prima di andare a votare: per questo una parte del Pd chiede che si affronti anche il tema dell’equo compenso per i lavoratori autonomi. Ma la proposta è subito bocciata da Maurizio Sacconi (Ap): «Sarebbe assurdo introdurre per legge una sorta di “mensile” per professionisti e partite Iva – ha sottolineato il presidente della commissione Lavoro del Senato –. Si ragioni invece, per le casse previdenziali, sulla detassazione dei rendimenti degli “investimenti di sistema”, cioè nelle infrastrutture che hanno un interesse nazionale».