(di Laura Galvagni – Il Sole 24 Ore)
Il presidente della compagnia esclude l’ipotesi che il consiglio possa chiedere la delega ai soci per un eventuale rafforzamento
Generali non chiederà ai soci alcuna delega per eventuali aumenti di capitale. Lo ha chiarito ieri il presidente della compagnia, Gabriele Galateri di Genola (nella foto, di Giuliano Koren – Trieste), dopo che nelle settimane scorse l’assemblea di Zurich ha detto sì alla proposta del management riguardo un futura provvista finanziaria per massime 30 milioni di azioni con diritto d’opzione e 15 milioni senza. Delibera che fa il paio con quelle incassate da altre compagnie, come per esempio Allianz che nel 2014 ha ottenuto il via libera degli azionisti per un’eventuale ripatrimonializzazione che non superi il 47% del capitale attuale.
Il Leone di Trieste, però, ha deciso di sposare la linea opposta. «Ci sono società che hanno queste deleghe e società che non ce l’hanno, comunque se uno ha bisogno di capitale al limite va in assemblea», ha spiegato il presidente. Generali ha in sostanza deciso di assecondare la linea di pensiero di quegli investitori istituzionali che non amano dare deleghe in bianco relativamente all’utilizzo discrezionale di strumenti per il rafforzamento patrimoniale. Linea che trova riscontro anche nelle indicazioni di voto di alcuni proxy advisor. Glass Lewis, per esempio, specifica: «Se la società non ha dettagliato un piano circa l’uso che intende fare delle nuove azioni emesse, o nel caso in cui il numero di azioni superi di gran lunga quello necessario per realizzare un progetto specifico, consigliamo di votare contro l’autorizzazione». Infatti, sebbene la flessibilità finanziaria sia considerata un valore anche per Glass Lewis, prevale l’opinione che la gestione «deve giustificare agli azionisti» le ragioni dell’eventuale iniezione, per non fornire «alla società un assegno in bianco». Iss, diversamente, chiede cautela sul tema ma segnala comunque che meritano il voto favorevole degli azionisti quelle proposte non eccessivamente diluitive e che incidono per meno del 50% del capitale in circolazione.
Frontis Governance, partner italiano del network internazionale Expert Corporate Governance Service, invece «si oppone a tutte le operazioni sul capitale che mirano a limitare la contendibilità della società (anti-takeover) o che favoriscono un “trinceramento” del management a danno degli interessi degli azionisti». Certo tutte «le proposte di aumento di capitale vanno valutate caso per caso», per questo «l’autorizzazione all’emissione di nuove azioni è generalmente valutata favorevolmente se le motivazioni sono descritte in maniera dettagliata e se le nuove azioni sono offerte in opzione agli azionisti esistenti. In ogni caso, l’autorizzazione dovrebbe essere limitata nel tempo e non dovrebbe comportare un’eccessiva diluizione. In linea generale, sarebbe preferibile limitare a due anni la validità dell’autorizzazione». In aggiunta, «in caso di autorizzazioni generiche, l’aumento di capitale non dovrebbe superare il 50% delle azioni già emesse».
Sia Zurich che Allianz hanno proposto ripatrimonializzazioni sotto la soglia della metà del capitale. Le valutazioni dei proxy, seppure con sfumature e toni differenti, fanno però intendere che la delega per aumenti di capitale è un tema sensibile che va valutato dettagliatamente. Non a caso spesso, questo tipo di proposte, non incassa il favore completo dei soci. Non è stato possibile ricostruire come venne accolta dagli azionisti l’iniziativa di Allianz, più recentemente però Zurich ha incassato l’81% dei voti favorevoli del capitale presente. Una cifra rotonda ma comunque inferiore al 99% con cui è stata votata la nomina di Catherine Bessant o l’88% con cui è stato messo il sigillo alla relazione sulla remunerazione 2016.