Opinione della Settimana

Sinistri stradali, ai minori va risarcita la perdita di capacità lavorativa

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(di Francesco Machina Grifeo – Quotidiano del Diritto)

In caso di lesioni gravi riportate da un minore in un sinistro stradale, nella liquidazione del danno si deve tener conto della perdita della capacità lavorativa generica. E, nel caso di particolari difficoltà nell’elaborare un giudizio prognostico, la liquidazione potrà sarà parametrata al triplo della pensione sociale. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza del 6 febbraio 2017 n. 40, accogliendo il ricorso della parte lesa. La vittima, all’epoca sedicenne, mentre veniva trasportata su di un motorino era stata investita riportando un trauma cranico trattato chirurgicamente con gravi ricadute sulla vita di tutti i giorni e disturbi cognitivi che, fra l’altro, l’avevano portata ad abbandonare gli studi. Entra così nella giurisprudenza di merito un principio affermato di recente dalla Corte di cassazione (n. 5880/2016).

In primo grado il Tribunale aveva liquidato alla vittima la somma complessiva di 156mila euro, riconoscendole un danno biologico del 34%. La Corte territoriale accogliendo il primo motivo di ricorso, alla luce della effettiva compromissione della qualità della vita della ragazza, le ha riconosciuto anche una «personalizzazione del danno» equitativamente stabilita nel 10%.

Ma ha anche accolto la seconda doglianza relativa alla riduzione della capacità lavorativa, affermando che «nel caso di lesioni sofferte da un soggetto minore, al momento del sinistro ancora studente, che abbiano determinato una invalidità permanente di non lieve entità, il giudice di merito, investito della domanda di riconoscimento del conseguente danno futuro patrimoniale per perdita di capacità lavorativa generica, non compie un corretto procedimento di sussunzione della fattispecie, allorquando ritenga di procedere alla liquidazione di tale danno all’interno della liquidazione del danno non patrimoniale». Una tale possibilità, prosegue la sentenza, è, infatti, limitata «soltanto al caso di lesioni personali di lieve entità e, peraltro, limitatamente all’ipotesi in cui la loro concreta incidenza sulla futura capacità lavorativa pur generica rimanga oscura».

«Non può, infatti, negarsi – argomenta il Collegio – che un minore, in condizioni fisiche menomate, allorché entrerà nel mondo del lavoro avrà evidenti difficoltà sia nel reperirne uno, sia nel trovare una occupazione comunque confacente alle proprie aspettative o al grado di istruzione rispetto ad un lavoratore senza quelle lesioni». Non solo, la sentenza si spinge oltre osservando che alla luce della «mutata realtà sociale, caratterizzata dall’accentuarsi del lavoro a termine», la perdita della capacità lavorativa generica, «ben lungi dall’essere “un modo di essere dell’individuo”, costituisce un autonomo danno di chiara valenza patrimoniale, pregiudicando la possibilità del danneggiato di trovare anche lavori interinali, nell’arco della propria vita lavorativa».

Mentre la difficoltà di individuare un criterio risarcitorio omogeneo non può pregiudicare l’autonoma risarcibilità della lesione. Con un giudizio prognostico fondato su basi probabilistiche, il giudice «deve, infatti, valutare se ed in che misura i postumi permanenti ridurranno la futura capacità di guadagno». E in assenza della prova presuntiva, la liquidazione potrà avvenire attraverso il ricorso al triplo della pensione sociale (secondo la formula: R x C x P – S = D; dove: R = Reddito annuale; C = Coefficiente di sopravvivenza; P = Percentuale d’invalidità permanente della riduzione di capacità lavorativa; S = Scarto tra vita fisica e vita lavorativa (che mediamente è del 10 – 20%). Per cui considerato che il triplo della pensione sociale annua è di 17.474 euro, la procedura sarà: «triplo pensione sociale x percentuale d’invalidità x coefficiente di sopravvivenza (pari per anni 16 a 19,598) = 116.439,71 euro, meno 20%». Pertanto, il danno da riconoscere sarà di 93.151 euro.

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