(di Sergio Bocconi – Corriere L’Economia)
E ora il Leone punta anche alla gestione del risparmio come fonte di guadagno «sostanziale e crescente» insieme alle polizze. Il perimetro del nuovo progetto e le ragioni della svolta resa necessaria dalle condizioni del mercato
Dopo aver portato a termine la ristrutturazione finanziaria e aver quasi completato la riorganizzazione industriale, per Generali si profila una svolta significativa: puntare sull’asset management come una delle componenti «core» della redditività del gruppo. Il piano strategico sul settore verrà presentato giovedì dal group ceo Philippe Donnet (nella foto) insieme ai dati del primo trimestre 2017.
È stato proprio il numero uno del Leone ad annunciare la novità nel corso dell’assemblea degli azionisti. Quasi a sorpresa, perché è la prima volta che la più grande compagnia di assicurazioni italiana si appresta a un simile passo nell’attività della gestione del risparmio. Donnet lo ha inserito in un quadro di «ribilanciamento del portafoglio, con l’obiettivo di diversificare le fonti di profitto»: «Vogliamo puntare su nuovi segmenti di business, come la salute, la protezione e l’asset management. Il prossimo 11 maggio forniremo dettagli circa la nostra strategia per fare dell’asset management una componente importante della nostra attività e fonte di profitto sostanziale e sempre più rilevante per la compagnia».
Scelte strategiche
Certo, per gli analisti del settore l’annuncio non è arrivato inaspettato, perché di fatto i grandi concorrenti del Leone (che capitalizza in Borsa 23,4 miliardi) e in particolare la tedesca Allianz (79,2 miliardi) e la francese Axa (62,5 miliardi), già da tempo hanno puntato su un «terzo pilastro» nell’assetto di ricavi e margini, accanto alla tradizionale attività assicurativa. E hanno spinto ulteriormente su questa strada in relazione alla fase perdurante, e con poche prospettive di ribaltamento, dei tassi a zero. Se, come ha sottolineato nei giorni scorsi il presidente delle Generali, Gabriele Galateri di Genola, il 46% dei bond governativi europei ha ancora oggi rendimento negativo, un contributo significativo del «terzo pilastro» è dunque diventato da virtù a necessità anche per Generali.
Per Allianz e Axa questo aspetto è già consolidato. I ricavi totali del gruppo tedesco sono stati nel 2016 pari a 122,4 miliardi, suddivisi così: ramo vita 53%, rami danni 42%, asset management 5%. Ma l’effetto sul risultato operativo, pari a 10,8 miliardi, è ben diverso: il 46% proviene dai danni, il 35% dal vita e il 19% dalla gestione del risparmio (quasi quattro volte il contributo al fatturato). Allianz è un colosso mondiale della gestione del risparmio. Gli asset under management, cioè amministrati dal gruppo, ammontano a 1.900 miliardi e di questi 1.360 miliardi rappresentano la massa gestita di terzi (la distinzione fra le due gestioni, e questo vale per tutte le società assicurative, deriva dal fatto che gli asset «propri» sono a fronte degli impegni con gli assicurati).
Per Axa su 100,6 miliardi di fatturato il 60% è rappresentato dal vita, il 35,5% dai rami danni e il 3,7% dall’ asset management . Anche in questo caso il contributo all’utile netto (questo è il dato che viene fornito dal gruppo francese, che non indica invece la ripartizione del risultato industriale») cambia a favore dei ricavi commissionali dal risparmio gestito: su un totale di 5,68 miliardi di profitti, il 61,6% proviene dal vita, il 44% dai rami danni e il 7,2% dalla gestione del risparmio, quota più doppia rispetto alla percentuale dei ricavi. Gli asset under management ammontano a circa 1.300 miliardi, oltre il 50% sono patrimoni di terzi.
E Generali? I ricavi del 2016 sono stati pari a 70,5 miliardi e ripartiti fra il 71% del ramo vita e il 29% dei rami danni. Il risultato operativo è stato di 4,8 miliardi e i valori, rideterminati per garantire un confronto con i concorrenti, indicano un peso del segmento vita pari al 56%, dei danni al 37% e del segmento banca & risparmio gestito del 7%. Il Leone gestisce attività pari a 530 miliardi, di cui circa 60 sono riferibili a terzi.
Nel segmento risparmio gestito oggi il gruppo conta principalmente su Generali investments (con relativa Sicav) e su Banca Generali, controllata da Trieste con il 51%, che ha avuto una crescita importante in pochi anni. Nel 2016 ha raccolto 5,6 miliardi netti e nei primi tre mesi del 2017 il «bottino» è stato di 1,8. Dal collocamento in Borsa del novembre 2006 le masse gestite sono passate da 17 a 50 miliardi. È dunque ragionevole ipotizzare che questi «protagonisti» possano rappresentare i punti di forza nel piano strategico annunciato da Donnet. Nulla però è stato anticipato, né il group ceo ha voluto indicare se questa svolta possa aver luogo anche con acquisizioni.
In Borsa
Come è chiaro da numeri e confronti, per Trieste si tratta di una svolta strategica importante. C’è chi ritiene che il passo sia stato sollecitato anche dalle ipotesi di operazioni avanzate da Intesa che poi non si sono tradotte in proposte o piani. Tuttavia, sono proprio le cifre e i confronti a indicare la natura industriale della prospettiva del gruppo triestino di costituire un «terzo pilastro» sulla linea dei concorrenti: del resto banche e assicurazioni in generale muovono verso una riconsiderazione delle fonti di ricavi e margini. Sarà interessante osservare quale accoglienza avrà il piano di Donnet sul mercato: dopo l’investor day di novembre il titolo del Leone ha guadagnato oltre il 30%, più del settore e degli altri big assicurativi europei.