(di Mariano Mangia – Repubblica Affari & Finanza)
Secondo il presidente della Commissione serve un salto di qualità nella regolamentazione della vigilanza sugli investimenti sprovvisti di una disciplina unitaria e cogente. E l’attesa dura sin dal 2011
L’Unione Europea si prepara a lanciare i Pepp, ma in Italia abbiamo ancora dei vuoti normativi da colmare: le casse di previdenza dei liberi professionisti sono in attesa, dal 2011, di un regolamento che disciplini investimenti, conflitti di interesse e compiti della banca depositaria. «Serve un salto di qualità nella regolamentazione e nella correlata azione di vigilanza sugli investimenti delle casse, tra i pochi investitori istituzionali sprovvisti di una disciplina unitaria e cogente in materia di investimenti. I tempi sono maturi», sollecita il presidente della Covip, Mario Padula (nella foto).
Qual è il quadro che emerge dalla vostra attività di vigilanza sulle casse?
«Rileviamo discipline interne in materia di investimenti quanto mai variegate e in diversi casi non ancora completamente realizzate, discipline su aspetti non secondari che riguardano la tracciabilità delle decisioni di investimento e che dovrebbero garantire la trasparenza dei comportamenti. Anche gli assetti organizzativi in materia di investimenti appaiono variamente articolati, pur se con tratti in comune. Tutte le Casse dispongono di una struttura interna preposta agli investimenti, ma con dimensioni estremamente eterogenee tra loro e in diversi casi ancora in via di definizione; in alcuni casi, non sono state adottate specifiche analisi integrate delle attività e passività».
Nella composizione degli investimenti delle casse ci sono anche sostanziali differenze rispetto ai fondi pensione.
«Persiste un elevato grado di concentrazione dei patrimoni, con possibili impatti anche sul livello di liquidità degli attivi. Con un regolamento questo non sarebbe consentito».
Sarà sufficiente regolamentare investimenti e conflitti d’interesse?
«Servirà anche un rafforzamento della vigilanza che la Covip svolge da sei anni, attività che è stata sinora a carico del sistema della previdenza complementare: è un’anomalia che un organismo di vigilanza e controllo non sia finanziato dal mercato di competenza. Parliamo, peraltro, di un sistema che dispone di un patrimonio che è la metà di quello dei fondi pensione, con complessità che crescono nel tempo».
Una prima valutazione dei Pepp.
«Rappresentano un’opportunità per l’Italia, alcuni aspetti, tuttavia, meritano la nostra attenzione critica. È opportuno che l’attività di vigilanza sia resa compatibile con gli assetti esistenti nei diversi paesi, la proposta di regolamento prevede un’unica autorità, noi chiediamo di tener conto dei diversi soggetti che sono coinvolti nel processo autorizzativo nel nostro paese. Un altro elemento da chiarire riguarda l’attività transfrontaliera, ossia la ripartizione della vigilanza tra autorità home e host».
Quali, invece, le opportunità?
«I Pepp, introducendo una maggiore concorrenza sui prodotti pensionistici individuali, possono rappresentare un’occasione di aumento dell’efficienza nel mercato, anche in termini di costi. Ma è anche un’opportunità per l’industria nazionale che ha accumulato una notevole esperienza nel settore della previdenza individuale, il passaporto europeo consentirà di trasferire queste competenze in altri contesti, in mercati ancora poco sviluppati».