Turbolenze nei paesi emergenti, rallentamento dell’economia statunitense, protezionismo, volatilità del mercato azionario Usa, crescente indebitamento globale e disorderly Brexit: sono questi i principali “pericoli” del 2019 per le imprese che operano all’estero secondo il nuovo Focus curato dal polo dell’export e dell’internazionalizzazione del Gruppo CDP. Se il quadro dei rischi si intensifica, nel 2019 la crescita è attesa proseguire e deve essere intercettata. Peggiorano Argentina e Turchia, migliorano Grecia, Russia, Polonia e Repubblica Ceca
Per il 2019 si delinea uno scenario internazionale più complesso ma non privo di opportunità per le imprese che si affacciano sui mercati esteri. Una conoscenza approfondita dei rischi corredata da un adeguato disvelamento delle opportunità è imprescindibile per indirizzare le imprese verso la crescita. È questo il vademecum che emerge dalla nuova edizione del Focus On “Mappa dei Rischi. I 6 ‘pericoli’ del 2019: conoscerli per gestirli”, in cui SACE SIMEST (il polo dell’export e dell’internazionalizzazione del Gruppo CDP) ha presentato lo scenario atteso in cui si muoveranno le imprese italiane nell’anno appena iniziato.
“L’export è il driver principale della nostra economia e una scelta strategica per le imprese italiane. Per chi opera sui mercati internazionali la conoscenza dei rischi è imprescindibile, ma è un esercizio solo parziale se non la si affianca a un’adeguata analisi delle opportunità – ha dichiarato Beniamino Quintieri, presidente di SACE –. Se generalmente i mercati emergenti esibiscono maggiore vulnerabilità a possibili shock esogeni, nondimeno alcuni si configurano destinazioni strategiche delle nostre esportazioni, come la Cina e gli Emirati Arabi Uniti, mercati più noti, ma anche il Brasile, l’India e il Vietnam. SACE SIMEST è un partner chiave in grado di fornire alle nostre imprese la conoscenza e gli strumenti per continuare a crescere anche in questa nuova fase dell’economia globale”.
Il nuovo studio delinea un quadro dei rischi ancora più ampio per il 2019, con tensioni vecchie e nuove che, dall’economia alla politica, costituiranno nuove sfide per le imprese che operano sui mercati internazionali. I sei principali pericoli per l’anno in corso derivano innanzitutto dall’incertezza su economia e mercato azionario degli Stati Uniti, guerra dei dazi e Brexit, nonché da leitmotiv quali la fragilità di alcuni paesi emergenti e il crescente indebitamento mondiale. È fondamentale però non lasciare che i rischi che si profilano sul mercato internazionale oscurino un quadro ancora ricco di opportunità per l’export italiano.
Di seguito, un approfondimento sui sei pericoli del 2019, il quadro dei paesi target per l’export italiano e una mappatura dei rischi connessi all’operatività sui mercati internazionali.
I sei rischi del 2019
Nel corso del 2018, la crescita globale è proseguita a un ritmo del 3,7% e il bilancio dell’anno appena concluso può dirsi ancora positivo. Il quadro dei rischi ha tuttavia subìto un deterioramento per effetto di turbolenze finanziarie, valutarie e geopolitiche, che hanno ripercussioni particolarmente evidenti sulle economie emergenti, in primis Argentina e Turchia.
Anche nel corso del 2019 dinamiche vecchie e nuove agiteranno lo scacchiere internazionale. In particolare, sono sei i principali rischi che le imprese italiane, specie quelle che operano sui mercati esteri, dovranno fronteggiare nell’orizzonte di breve termine.
In campo economico, sebbene siano ancora i mercati emergenti a presentare le maggiori criticità, grandi timori riguardano l’economia statunitense. L’ipotesi di una recessione già nell’anno in corso ha poche probabilità di realizzarsi, mentre è atteso un rallentamento dell’economia. Rimane poi grande incertezza sul protezionismo, con le aspettative sull’attuale tregua nella guerra dei dazi ostaggio dell’imprevedibilità degli attori in gioco.
Dal punto di vista finanziario è ancora Washington al centro delle paure del mercato: una politica eccessivamente restrittiva da parte della Fed non solo genererebbe tensioni sui listini di Wall Street, ma potrebbe nuovamente ripercuotersi sugli emergenti, con effetti concreti anche per le nostre imprese esportatrici. Eventuali ulteriori deflussi di capital dai mercati emergenti infatti, innescherebbero rialzi dei tassi d’interesse e una contrazione del credito concesso alle imprese locali, che avrebbero minori opportunità di investire. Inoltre le valute di queste geografie si deprezzerebbero, con effetti avversi sulle importazioni dei nostri prodotti e provocando anche un aumento del rischio di mancato pagamento. Emblematici i casi di Argentina e Turchia nel 2018, dove il nostro export è diminuito di circa il 10%. Permane l’annosa questione dell’indebitamento globale, salito a 244 mila miliardi di dollari nel terzo trimestre 2018 (il 318,2% del Pil mondiale) e che continua a destare preoccupazione per eventuali default sovrani, specie nei paesi di minori dimensione, e privati.
Infine, una Brexit nel caos, dopo che la Camera dei comuni ha respinto l’accordo stipulato da Theresa May con l’Ue, semina incertezza, mentre sale la probabilità di un’uscita con un no deal, ma restano aperti tutti gli scenari.
Questi i principali rischi del 2019, a cui si aggiungono i timori più recenti di un rallentamento più marcato del previsto in Cina e nei Paesi dell’Area dell’euro, che rappresenterebbero un problema per le nostre imprese.
Il binomio indissolubile rischi-opportunità: il quadro dei paesi target per l’export italiano
Sebbene il quadro dei rischi sarà ancora più complesso per l’anno appena iniziato, secondo SACE SIMEST non bisogna cedere a letture drasticamente negative. Esistono infatti anche grandi opportunità di crescita che non devono rimanere celate o sfruttate al di sotto del potenziale a causa di un’eccessiva avversione al rischio. L’export è ancora il motore di crescita dell’economia del nostro Paese, come durante gli anni della crisi, e l’internazionalizzazione una scelta strategica per le imprese italiane di grandi come di piccole dimensioni.
Da un’analisi delle prime cento destinazioni dell’export italiano emerge un quadro piuttosto eterogeneo che testimonia una vasta distribuzione delle preferenze delle nostre imprese in termini di propensione al rischio sui mercati di sbocco. Questa diversificazione, l’opportuna conoscenza dei rischi e l’utilizzo di adeguati strumenti assicurativo-finanziari sono fondamentali per mitigare l’incertezza legata all’operatività sui mercati internazionali. Inoltre, al di là delle medie e delle “facili classificazioni”, le opportunità all’interno di ciascun paese possono essere significativamente diverse da settore a settore e variare in base alle controparti.
Rischi e opportunità per le venti geografie prioritarie di SACE SIMEST
Per il 2019, le geografie più promettenti per le esportazioni italiane secondo SACE SIMEST saranno Brasile, India, Indonesia e Vietnam, geografie con un profilo di rischio medio-elevato e mercati emergenti destinati a ricoprire crescente importanza nel prossimo futuro, così come la Russia si conferma un mercato strategico, dal quale si attendono segnali di costanza nei progressi. In termini di rischio-opportunità, tra le migliori destinazioni spiccano Emirati Arabi Uniti, il Qatar, la Colombia, la Repubblica Ceca e la Cina, nonostante la decelerazione a cui andrà incontro. Gli Stati Uniti, destinazione tradizionale del nostro export, rimangono una meta a elevato potenziale, anche se risentiranno dell’imminente rallentamento economico.
Fra i Paesi a rischiosità medio-elevata, andranno presidiati anche quei mercati in cui non sono scontati elevati rendimenti ma che possono comunque regalare ottime soddisfazioni ai nostri esportatori, quali Marocco, Senegal e Kenya. La Turchia, nonostante la battuta d’arresto e le innegabili difficoltà, sembra ancora un mercato su cui si possa puntare in un’ottica di lungo periodo e con le necessarie cautele.
Chi sale e chi scende: la mappa dei rischi del fare impresa all’estero
Per quanto riguarda il rischio di credito – che misura la possibilità di incorrere in rischi di mancato pagamento da controparti estere sovrane, bancarie e corporate – la Mappa dei Rischi 2019 restituisce un’immagine di eterogeneità tra economie avanzate ed emergenti: fra le prime si contano 26 miglioramenti e quattro peggioramenti rispetto al 2018; fra le emergenti se ne contano rispettivamente 42 e 52.
Fra gli upgrade negli avanzati, Slovenia, Islanda, Grecia e Austria hanno registrato i più significativi progressi grazie soprattutto a un miglioramento del loro profilo bancario. Fra gli emergenti si segnalano i miglioramenti di Paesi quali Russia, nonostante le incertezze connesse al quadro geo-economico, e Polonia e Croazia, dove è diminuito il rischio sovrano. Peggiorate Turchia, Argentina e alcuni mercati nel Golfo (Oman e Bahrain). In India e Indonesia i rischi connessi al deprezzamento delle valute e alla pressione sulle riserve valutarie sono mitigati da fondamentali economici solidi. Discorso analogo per il Brasile, dove il rischio-incertezza connesso al nuovo corso politico è mitigato dalle grandi riserve valutarie, un sistema finanziario stabile e un debito contenuto.
Per quanto riguarda i rischi politici – che sono quei rischi connessi alla stabilità politica che influiscono sulla possibilità di esigere i crediti – la Mappa non rileva variazioni significative rispetto al 2018. Da segnalare miglioramenti per alcuni paesi target del Made in Italy, fra cui Russia ed Emirati.
SACE SIMEST evidenzia infine l’aumento generalizzato del rischio di trasferimento, legato alla possibilità di restrizioni alla convertibilità della valuta nazionale in valuta forte o al trasferimento all’estero di profitti e dividendi. Nel 2018, sono stati 47 i paesi dove il rischio di trasferimento è aumentato, a fronte di 31 miglioramenti. Fra i downgrade vari paesi africani (fra cui lo Zambia), alcune geografie dell’Asia centrale (quali Turkmenistan, Azerbaigian e Kazakistan), Tunisia, Iran e Albania.
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