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Indagine sul welfare: Tanto cash per combattere l’incertezza, come si difendono le famiglie italiane

Calcolo - Pianificazione - Risparmio (Foto Acharaporn Kamornboonyarush - Pexels) Imc

Presentata l’indagine condotta dal Censis per il Forum ANIA-Consumatori. Il risparmio degli italiani è in crescita, ma più di un terzo degli italiani non riesce ad accantonare soldi. E gli strumenti integrativi ancora non decollano

«Dal cash cautelativo alla protezione», ricerca realizzata dal Censis per il Forum ANIA-Consumatori, fondazione costituita dall’ANIA (l’Associazione delle imprese assicurative) “per facilitare e rendere ancor più costruttivo e sistematico il dialogo tra imprese assicuratrici e associazioni dei consumatori”, mostra come il risparmio degli aitaliani sia in crescita. Nel 2018 si è infatti ampliato fino a 4.244 miliardi di Euro il portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane, in cui emerge il boom continuo del contante, pari a 1.379 miliardi ed in crescita del 7,5% rispetto al 2015.

Un valore, evidenziano da Censis e Forum, che è superiore al Pil della Spagna, corrispondente a quello di un Paese che si collocherebbe al quarto posto nella graduatoria delle economie della Ue post-Brexit, dopo Germania, Francia e la stessa Italia. Rispetto al 2008, il contante è aumentato di 201 miliardi, un valore pari al Pil del Portogallo. Il cash che non smette di aumentare nei portafogli delle famiglie è la terapia contro l’incertezza. Il 64,1% degli italiani accantona soldi. Di questi, il 66,1% per fronteggiare spese impreviste e il 52,3% per sentirsi le spalle coperte.

La nuova disuguaglianza tra chi risparmia e chi non ce la fa. Non tutti risparmiano, tuttavia, come mostra la fotografia che emerge dalla ricerca. Il 35,9% degli italiani non ci riesce, il 25,2% lo fa fino al 5% del proprio reddito mensile, il 23,6% tra il 6% e il 15%, il 10,5% tra il 15% e il 20%, il 4,9% oltre il 20%. C’è una forte polarizzazione nella capacità di crearsi difese monetarie proprie.

Ma anche chi non risparmia deve fronteggiare costi un tempo coperti dal sistema di welfare pubblico. Le spese private per il welfare pesano sui redditi per l’81,5% delle famiglie e riguardano di più le famiglie che non riescono a risparmiare (85,6%) rispetto a chi invece risparmia (79,2%) o risparmia tanto (76%). Secondo i curatori della ricerca, questo è il nuovo volto della disuguaglianza cresciuta dopo la crisi. Nessuno è al riparo dalle spese private per prestazioni di welfare, ma meno si riesce a risparmiare più questo pesa sui budget familiari.

Le spese private per sanità e welfare sono ormai un obbligo. Il 72,7% degli italiani ha dovuto ricorrere all’offerta privata per una prestazione di welfare almeno in una occasione nel corso dell’anno, anche se sulla carta il servizio era disponibile nel sistema pubblico, a titolo gratuito o a costo contenuto (il dato sale al 75,9% nel Sud). Il 42,9% degli italiani afferma che, benché le prestazioni di cui hanno bisogno siano disponibili nel sistema di welfare, nella realtà è difficile accedere nel momento in cui se ne ha effettivamente bisogno. Il 40,7% ritiene che nel pubblico non ci sia tutto ciò di cui ha bisogno e per questo ricorre al privato. Solo il 16,3% sostiene che non c’è bisogno del privato perché il pubblico ha un’offerta adeguata.

Cresce (molto lentamente) ‒ il welfare integrativo. Aumenta l’incertezza e aumenta il risparmio, ma gli italiani cercano protezione nel denaro che tengono fermo, piuttosto che negli strumenti del welfare integrativo. Perché i risparmiatori investono poco in tali strumenti? Perché, secondo i curatori della ricerca, c’è ancora una scarsa conoscenza: solo il 20% degli italiani conosce bene gli strumenti della sanità integrativa, il 23,3% quelli della previdenza complementare e il 15,6% quelli di tutela dalla non autosufficienza. Se il 66,5% dei risparmiatori mostra, infine, disponibilità a prendere in considerazione gli strumenti del welfare integrativo, il 53,9% dichiara di voler capire bene cosa ottiene in cambio dell’investimento.

Intermedia Channel

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