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Vaccini e Covid: la strada per uscire dall’incubo. Con l’ottimismo che deriva dalla conoscenza

ANAPA Rete ImpresAgenzia, insieme alle OO.SS dipendenti, ha scritto nei giorni scorsi al governo per chiedere la vaccinazione di chi lavora nelle Agenzie di assicurazione. Il Ga-Gi si è già rivolto alla propria mandante, Generali. Un’istanza giusta e di responsabilità che, compatibilmente con le dosi disponibili, dovrebbe essere attuata a tutte le categorie produttive che sostengono la nostra già fragile economia con coraggio e che hanno il diritto di essere protetti da un rischio che interessa anche famiglie e clienti.

Una richiesta tanto coraggiosa quanto di buon senso e responsabilità. ANAPA Rete ImpresAgenzia, nei giorni scorsi, ha scritto, insieme alle OO.SS dipendenti, al governo per chiedere che i lavoratori delle Agenzie di assicurazione possano accedere, nel più breve tempo possibile, alla vaccinazione anti Covid19. 

Si tratta, come detto, di una richiesta improntata alla responsabilità, perché la vaccinazione non solo andrebbe a proteggere gli agenti e tutti i lavoratori che operano nelle Agenzie e i loro famigliari, ma anche i clienti che potranno tornare dai propri consulenti, in assoluta sicurezza. Anche considerando che il mondo assicurativo ha sempre lavorato con coraggio e determinazione anche nei momenti più duri della pandemia.

Certo, le dosi, ad oggi, sono risicate e l’operazione appare di difficile applicazione. Ma quando – si spera tra poche settimane – i numeri saranno diversi, la scelta suggerita da ANAPA sarà sicuramente da prendere in considerazione, in quanto corretta. La parola d’ordine, d’altronde, è protezione. Proprio come nel mondo insurance. Rischio contro protezione. E non potrà esserci protezione se tutti i lavoratori che hanno a che fare con il pubblico non verranno immunizzati, per consentirgli – al netto dell’aspetto infettivo – di svolgere il loro lavoro con la necessaria serenità e tranquillità.  

Solo con una vaccinazione mirata, ma anche, quando sarà possibile, di massa, potremo ripartire lasciandoci alle spalle una volta per tutte questo virus così imprevedibile e pericoloso, specie per i più fragili, ma che non risparmia – per fortuna in casi relativamente rari – anche individui in perfetta salute. Chiaro, un piano del genere, non potrà tradursi in un’operazione che si potrà esaurire da un giorno o da una settimana all’altra. Occorrerà (e occorre già ora) darsi da fare, accelerare, il governo deve battere i pugni sul tavolo e pretendere più dosi, occorre che le Autorità competenti approvino altri vaccini, primi fra tutti quello europeo, di Astra Zeneca (la cui approvazione dell’Ema è prevista a fine mese) e il siero di Johnson&Johnson di cui l’Italia ha prenotato ingenti scorte e che, secondo i rumors, arriverà in primavera. Sarà quello il momento, come ha già suggerito il Ga-Gi, che ha scritto al board di Generali, per un intervento aziendale rivolto ai propri operatori in prima linea. Tale iniziativa dovrebbe essere seguita anche dagli altri Gruppi agenti delle altre compagnie e non solo dai soggetti assicurativi, ma da tutte le grandi imprese private.  

Ma non c’è soltanto il problema delle scorte a frenare la campagna vaccinale. C’è un sentimento diffuso, piuttosto radicato in persone in assoluta buona fede che temono che la limitata sperimentazione dei nuovi vaccini possa produrre effetti indesiderati gravi e che, quindi, propendono a non volersi vaccinare. O di voler attendere di «vedere l’effetto che fa». Anche tra i sanitari il fenomeno è diffuso. Lasciando perdere i più incalliti «no vax» mossi da oscure ragioni ideologiche che non ci interessano, non si può negare che tante persone possano essere tratte in inganno dalla confusione mediatica di questi mesi convulsi. 

Sia chiaro. Chi scrive non è per nulla d’accordo con chi, non senza una certa arroganza, sostiene che per parlare di medicina o scienza occorra possedere una laurea in merito. Altrimenti, seguendo tale ragionamento, ognuno di noi potrebbe esprimere pareri solo ed esclusivamente nel settore in cui è laureato o, al limite, in cui opera. 

Però da qui a mettere in discussione l’efficacia e la sicurezza di vaccini prodotti e testati da alcune delle più importanti case farmaceutiche del mondo su migliaia di persone e approvati da enti come Fda ed Ema c’è di mezzo il mare. Bisogna affidarsi alla scienza, perché – e su queso non ci piove – soltanto la scienza ci salverà da questo incubo in cui viviamo da quasi un anno. D’altronde basta leggere qualsiasi «bugiardino» per accorgersi che anche il farmaco più banale non è privo di potenziali, seppur rari, effetti collaterali anche gravi. E poi servirà fiducia, perché come spiegano gli esperti più importanti il Covid19 è «solo» un virus – peraltro nemmeno, per fortuna, dei peggiori» che verrà sconfitto dai vaccini e dai nuovi farmaci, gli anticorpi monoclonali prodotti dalla ricerca scientifica. 

Siamo ottimisti, ma non in maniera aprioristica, ma animati dall’ottimismo che ci deriva proprio dalla conoscenza. E, come già scritto, dalla fiducia. Proprio ieri il presidente del Comitato Tecnico Scientifico, Agostino Miozzo, si è lasciato scappare che se tutto andrà per il verso giusto con la fine della primavera potremo tirare un «sospiro di sollievo». 

E perché le cose vadano nel verso giusto occorre che ognuno di noi si metta la mano sul cuore e scelga di vaccinarsi. Per proteggere noi stessi, i nostri cari, i nostri amici, la nostra società e per poter finalmente riconquistare la nostra libertà.

Che – e questo è un fatto oggettivo – ci manca davvero parecchio.

Marco Traverso – Editor in Chief

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