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Fallimento Greensill: la società è crollata perché ha perso le coperture assicurative, dice il fondatore in un’audizione parlamentare

Il default ha causato il licenziamento di oltre 1000 dipendenti in tutto il mondo

Nella vicenda lambito anche l’ex primo ministro David Cameron, consulente del gruppo finito in bancarotta

Tutta colpa delle assicurazioni che hanno ritirato le coperture. A due mesi dal fallimento della sua creatura, Greensill Capital, il fondatore Lex Greensill è stato sentito in audizione al Parlamento britannico ed ha puntato l’indice, senza nominarla su Tokyo Marine. La decisione della compagnia giapponese di non rinnovare le coperture assicurative sulle sue note di credito per $4,6 miliardi – ha spiegato- è stato il motivo per cui la società è fallita.

La rapida caduta di Greensill Capital – ha scritto il New York Times in un lungo articolo nel quale ha ricostruito la vicenda – ha fatto perdere miliardi a SoftBank e Credit Suisse, ha messo in pericolo migliaia di posti di lavoro e ha provocato una serie di indagini in Gran Bretagna, dove ha sede la società. E gli effetti si sono diffusi in tutto il mondo, dall’Australia, dove è nata la società, agli Stati Uniti, dove il governatore del West Virginia ha citato in giudizio la società per un prestito ricevuto sul suo business di estrazione del carbone. Quando Greensill ha dichiarato bancarotta, aveva più di 1.000 dipendenti e uffici in 16 paesi.

Il signor Greensill ha espresso ai membri del Treasury Select Committee che lo sentivano in audizione, il suo rammarico sul fatto che gli affari della società fossero così fortemente concentrati su un cliente. Il nome non l’ha fatto ma il suo nome è ampiamente noto., Si tratta di GFG Alliance, una società private legata a Sanjeev Gupta, magnate indo-inglese dell’acciaio in Gran Bretagna. GFG impiega più di 35.000 dipendenti in tutto il mondo ed è alla ricerca di nuovi finanziamenti dopo il fallimento di Greensill. In pericolo, tra l’altro è anche l’acciaieria di Piombino di cui lo stesso Gupta è uno dei proprietari. Proprio il discusso magnate dell’acciaio è all’origine delle disgrazie di Greensill che appena pochi mesi fa, alla fine del 2020, aveva una valutazione di 7 miliardi di dollari e meditava di quotarsi in borsa. Ma a dicembre un’agenzia di regolamentazione tedesca aveva avviato indagini e richiesto al gruppo di ridurre l’esposizione nei confronti del suo ingombrante cliente. Una richiesta – ha detto Greensill – che “sarebbe stata impossibile per noi soddisfare”. Tutto questo aveva fatto accendere un faro sulla reale salute del gruppo e poi era giunto il mancato rinnovo delle polizze da parte di Tokio Marine. Ma perché quelle coperture erano così importanti? Greensill si era specializzato nel business del reverse factoring. In pratica anticipava i pagamenti ai fornitori delle imprese consentendo a quest’ultime tempi più rilassati nell’onorare le loro fatture. Questi crediti commerciali, normalmente considerati poco rischiosi in relazione al rating dei committenti, venivano successivamente cartolarizzati e collocati in fondi d’investimento gestiti dal Credit Suisse e da GAM, altro gestore patrimoniale svizzero. La società però ha fornito finanziamenti alle società anche sulla base di “crediti futuri”, basati su transazioni che non erano ancora avvenute. Nell’udienza di martedì, tenutasi virtualmente, il signor Greensill ha difeso con forza il modello di business. “Ogni asset che abbiamo venduto è stato descritto correttamente”, ha detto, aggiungendo che tutti gli investitori avrebbero avuto informazioni complete su ciò che stavano acquistando. In questo modello ovviamente il ruolo di cerniera fondamentale lo svolgeva l’assicuratore che, di fronte agli investitori, forniva la copertura contro il rischio di default di quei crediti. Quando l’ombrello assicurativo si è chiuso tutto è crollato come un castello di carte.

A marzo il Credit Suisse ha immediatamente chiuso 10 miliardi di dollari di fondi Greensill. La banca svizzera ha restituito agli investitori poco meno della metà dell’importo, ma è ancora esposta a potenziali perdite per miliardi di dollari.

In questa vicenda è stato lambito anche l’ex primo ministro britannico David Cameron, consulente della Greensill che ha aiutato ad espandersi all’estero. Lo scorso anno – ha riferito il giornale – Cameron ha fatto pressioni per consentire a Greensill di prendere parte a un programma di prestito del Tesoro e della Banca d’Inghilterra creato per supportare le grandi aziende durante la pandemia. In una lettera al comitato del Tesoro, Cameron ha affermato di non essere a conoscenza dei problemi finanziari a Greensill fino a dicembre. “Fino a quel momento – ha scritto l’ex-primo ministro – credevo fermamente che Greensill godesse di una buona salute finanziaria”.

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