Continua ad aggravarsi il bilancio dell’alluvione che pochi giorni fa ha colpito il cuore dell’Europa. In Germania è salito a 165 il numero dei morti, mentre i soccorritori continuano la ricerca dei dispersi nelle città colpite dal maltempo.
Fortunatamente, la temuta piena dei fiumi nel sud-ovest della Baviera al confine con l’Austria non si è verificata e la situazione è in miglioramento. Nella città di confine – dove si incrociano i fiumi Danubio, Inn e Ilz – il Danubio ha fatto registrare 8 metri e 19 centimetri (appena sotto il livello record di 8,50). Rientrato anche il rischio di cedimento per la diga di Steinbachtalsperre, in Nord Reno-Vestfalia, che per giorni ha tenuto con il fiato in sospeso. “Più rispetto per clima e natura”, ha detto la cancelliera tedesca in visita alle regioni inondate, aggiungendo: “La politica faccia di più per contrastare la violenza della natura”.
Un report di Impact Forecasting, società del gruppo Aon, parla di migliaia di abitazioni alluvionate in Germania, a causa del “più grave fenomeno alluvionale degli ultimi decenni”, che dovrebbe costare al sistema ri/assicurativo oltre 1 miliardo di euro in risarcimenti.
Una nota del Wwf Italia spiega che quanto accaduto in Germania e Belgio è “un vero disastro climatico, dove in pochi giorni è caduta la pioggia che un tempo scendeva in due mesi. Nemmeno la Germania, che da anni ha avviato politiche per ridare spazio ai fiumi, è al sicuro dalle conseguenze peggiori del cambiamento climatico. Non c’è più tempo e l’azione di contrasto ai cambiamenti climatici va accelerata se vogliamo evitare le conseguenze più pericolose e ingestibili”.
Per quanto riguarda l’Italia, dove il Piano di adattamento è ancora fermo e non è mai passato alla fase attuativa, pensando a quanto successo in Germania, “dobbiamo immediatamente rendere operativa una politica basata sul ripristino degli ecosistemi fluviali e sul recupero degli spazi che abbiamo rubato ai fiumi. Dal dopoguerra ad oggi, nel nostro Paese, abbiamo tolto ai fiumi circa 2000 kmq, un’enormità di spazio e le conseguenze di questo sono e saranno sempre più devastanti”.
Da parte sua, la Coldiretti sottolinea come nel nostro Paese la cementificazione sia andata avanti nel 2020 a una velocità di 2 metri quadri al secondo, mentre l’Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque irrigue), denuncia che “tra il 2019 e il 2020 in Italia si sono cementificati 767 ettari all’interno di aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, incrementando notevolmente il pericolo idrogeologico in un Paese, dove già il 16,6% del territorio è mappato nelle classi a maggiore rischio, coinvolgendo la vita di circa 3 milioni di nuclei familiari”. Per questo, l’associazione chiede al più presto una legge sul consumo del suolo.
“Il problema climatico interviene amplificando l’intensità e la frequenza di fenomeni che già esistono per loro conto”, ricorda il meteorologo Luca Mercalli. “Il riscaldamento globale li sta intensificando perché immette più acqua e più energia nel sistema atmosferico. Questo è solo l’inizio e nei prossimi decenni saremo noi ad avere in mano la manopola del termostato del pianeta. Non c’è più possibilità di tornare indietro, il danno climatico che è stato fatto nell’era industriale è ormai irreversibile, verrà riparato in tempi che dureranno centinaia di migliaia di anni. Però possiamo ancora evitare di seguire la traiettoria più catastrofica, che è quella di un ulteriore aumento nel corso di questo secolo della temperatura nell’ordine di 4 o 5 °C. Se applichiamo l’accordo di Parigi siglato nel 2015, ma non ancora entrato in vigore, possiamo ancora limitare l’aumento delle temperature entro i 2 °C”.
Nel frattempo dobbiamo fare i conti con un presente fatto di piogge eccezionali e inondazioni che rappresentano il rovescio della medaglia delle ondate di calore e della desertificazione: più caldo, più evaporazione, più aria calda e vapore acqueo in atmosfera, quindi piogge, venti e nevicate più intensi. “Nelle alluvioni in Nord Europa – commenta la climatologa del Cnr Marina Baldi – c’era un’enorme quantità di energia nell’atmosfera, perché il mese di giugno è stato uno dei più caldi degli ultimi decenni. Abbiamo visto cosa è successo in Canada. E questo è legato al riscaldamento globale”.