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Le “illusioni perdute” delle proposte legislative illiberali sugli agenti di assicurazione

Riccardo Sabbatini

A volte ritornano, anche le proposte di legge scadute. In questi giorni Alessandro Pagano, deputato della Lega, ha presentato una proposta di legge volta a garantire agli agenti assicurativi “le tutele che, in un contesto di libero mercato, devono essere assicurate dalla legge”. Nobile proposito dietro il quale si cela l’intenzione di rendere obbligatorio il plurimandato vietando la possibilità che gli agenti assicurativi intrattengano un rapporto di monomandato con un’unica compagnia. Per quel che lo stesso Pagano ha anticipato alle agenzie di stampa e sul web – il testo ufficiale deve ancora essere formalizzato agli uffici parlamentari – l’iniziativa, negli aspetti fondamentali, richiama la proposta di legge firmata nel 2018 dal senatore di Fratelli d’Italia Andrea de Bertoldi, caduta ben presto nel dimenticatoio. E’ il destino della gran parte delle proposte di legge parlamentari che i proponenti depositano in Parlamento per compiacere la propria lobby di riferimento – in questo caso è il sindacato Sna degli agenti – ben sapendo che non vedrà mai la luce del sole. Andrà ad alimentare quel malinconico cimitero delle “illusioni perdute” che si rinnova ad ogni legislatura.

Ma, per un attimo, immaginiamo che invece il Parlamento dibatta con impegno quanto propone Pagano e decida di convertire quella proposta in legge. Sarebbe un bene per gli intermediari assicurativi e, in generale, per il mercato delle polizze? E’ lecito dubitarne almeno per quanto riguarda i suggerimenti più rilevanti contenuti nell’atto parlamentare.

Nello specifico la nuova proposta, intervenendo negli articoli del codice civile, rafforzerebbe la legge Bersani che ha vietato di introdurre clausole di esclusiva nei contratti agenziali nei rami danni. In pratica il divieto si estenderebbe anche nei rami vita.

Al di là della legge c’è però la prassi. Attualmente, anche in assenza di una formale clausola di esclusiva nei rami danni, la figura dell’agente monomandatario è largamente prevalente nei fatti. Le compagnie sostengono attivamente le loro agenzie monomandatarie con investimenti nel marketing, negli apparati IT, nella formazione. Ma se il plurimandato diventasse obbligatorio – non si capisce in che modo – ben difficilmente manterrebbero per intero quell’impegno poiché quelle risorse finirebbero per favorire anche i loro concorrenti. E, a quel punto, le agenzie dovrebbero sopportare un aumento significativo dei costi senza poter contare su un incremento del fatturato visto che la torta dei premi assicurativi rimarrebbe sostanzialmente la stessa.

L’obiezione maggiore riguarda comunque i rapporti con gli assicurati. Oggi quest’ultimi sanno cosa comprano, sono abituati a confrontare le proposte di compagnie in concorrenza ed a fare le proprie scelte. Quando si recano da un agente in esclusiva di Generali o UnipolSai una scelta, in qualche modo, l’hanno già fatta. L’agente plurimandatario rappresenta invece una figura ibrida che vuole simulare quella di un broker senza tuttavia esserlo. Quando consiglia la polizza di una compagnia, preferendola ad un’altra di un differente provider della sua “scuderia”, è guidato dalla convenienza per il cliente o dalle maggiori fee che può ottenere facendo sottoscrivere un contratto assicurativo? Anche nel mondo dei broker, per la verità, esistono “equivoci” simili, legati alle commissioni di incentivo che alcuni intermediari incassano da una compagnia al raggiungimento di determinate soglie produttive, ma nel caso degli agenti plurimandatari il potenziale conflitto d’interesse raggiunge la sua massima intensità.

In verità sarebbe preferibile che i modelli della distribuzione fossero polarizzati tra due estremi. Un modello che fa perno suo prodotti di un’unica compagnia la quale remunera in modo adeguato i suoi agenti monomandatari. Ed un modello in cui l’intermediario agisce per conto del cliente andando alla ricerca del prodotti migliori ma, in questo caso, il servizio deve essere pagato dal cliente.

Considerazioni analoghe valgono anche per la proposta – è contenuta anch’essa nell’atto parlamentare di Pagano – di imporre in automatico all’agente di sottoscrivere autonomamente i contratti di assicurazione diventando pertanto il procuratore della propria compagnia. Un siffatto obbligo interverrebbe a modificare una materia lasciata invece finora alla libertà contrattuale delle parti per il semplice fatto che una compagnia vuole ben sapere in anticipo se può fidarsi di un agente fino al punto di lasciargli, ed in quale misura, sottoscrivere i contratti che lei stessa sarà chiamata ad onorare.

Da qualunque parte le si esaminano quelle proposte nei fatti limiterebbero la libertà contrattuale dei diversi attori. Si tramuterebbero in altrettanti dictat illiberali che non farebbero l’interesse delle compagnie, né dei loro agenti né, tanto meno, dei consumatori.

C’è poi un ultimo “dettaglio”. La proposta di legge di Pagano è stata depositata proprio nel momento in cui Ania ed Agenti hanno ripreso un faticoso confronto per innovare un patto agenti dopo quasi 20 anni di vacatio contrattuale. Cambiare, con le leggi, le carte in tavola mentre si negozia non sembra il modo migliore per promuovere la fiducia reciproca tra le parti.

a cura di Riccardo Sabbatini

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