Un stima del Bureau International des Containers (Bic), l’organismo internazionale con sede a Parigi, che rilascia a ciascun container il suo codice, una targa per l’identificazione, indica in circa 22 milioni il numero di container esistenti al mondo. Un numero imprecisato di questi risulta introvabile. Con il primo lockdown del 2020 molte navi furono costrette a fermarsi in porti diversi dalla loro destinazione e scaricare molti container che ancora oggi devono essere recuperati.
Bic tiene traccia nel proprio database di circa 12 milioni di container, più della metà del parco mondiale. Ogni volta che un container passa di proprietà, o viene perso, il database lo contrassegna con una bandierina.
Creato nel 1933 dalla International Chamber of Commerce (ICC) nel tentativo di educare gli uomini d’affari nello sviluppo del trasporto internazionale e intermodale, il Bic ha svolto un ruolo importante nell’organizzazione mondiale di container per il trasporto marittimo sin dai primi anni ’60, facilitando gli scambi commerciali e aiutando a definire e standardizzare aree quale il controllo tecnico, la resistenza, la codifica, l’identificazione e la marcatura dei containers.
Attualmente, il Bic ha oltre 2.500 membri operativi in più di 121 Paesi e il suo database, chiamato Boxtech, permette ai proprietari, società di leasing o compagnie di navigazione, di rintracciare i propri container dispersi. Al database aderiscono per ora Msc, Maersk e Cma Cgm. “In alcuni porti rappresentano il 100% della movimentazione e a Genova superano l’80%”, spiega Giordano Bruno Guerrini Chairman di Bic. “Sarebbe meglio avere nel database tutte le compagnie e tutti i container. Ma il sistema si sta dimostrando comunque di grande utilità”.