+3000% le visite di teleassistenza dall’inizio della pandemia secondo una chart di McKinsey
Preoccupazioni sulla privacy: i big della rete si impossessano di molti dati sanitari
I servizi sanitari virtuali in Usa hanno registrato un’impennata con l’inizio della pandemia : le visite di teleassistenza sono aumentate di oltre il 3.000% dall’esplosione di covid-19. Lo sottolinea la società consulenza McKinsey che ha incluso questa tematica tra le chart dell’anno appena pubblicate. È essenziale – spiega McKinsey – continuare a investire nell’innovazione di questi servizi: circa 250 miliardi di dollari di spese ambulatoriali possono potenzialmente passare a contesti virtuali per visite in ufficio, cure urgenti e servizi sanitari a domicilio. Le indagini McKinsey hanno anche dimostrato che i pazienti soddisfatti che utilizzano questi modelli hanno il 28% di probabilità in meno rispetto a quelli che non li utilizzano di cambiare fornitore di servizi sanitari e hanno fino a sei volte più probabilità di rivolgersi a quel fornitore per altri servizi sanitari.

Non sono però soltanto rose e fiori. Da una newsletter di StatHealth (“‘Out of control’: Telehealth startups share sensitive health information with big tech companies”) si apprende che le aziende impegnate ad offrire cure virtuali private su patologie particolarmente sensibili “stanno in realtà condividendo alcune delle informazioni sensibili raccolte durante il processo di accettazione e di pagamento con le grandi aziende tecnologiche”. È quanto ha accertato – spiega la newsletter – una indagine di STAT e The Markup.
Dopo aver analizzato la condivisione dei dati di 50 siti di teleassistenza “direct-to-consumer”i ricercatori hanno scoperto che 13 avevano almeno un tracciamento (tracker) con aziende come Meta, Google, TikTok, Bing, Snap, Twitter, LinkedIn o Pinterest che raccoglievano le risposte alle domande mediche. Inoltre, 25 siti di teleassistenza – tra cui Ro, Hims & Hers e Thirty Madison – condividevano con una grande azienda tecnologica quando gli utenti avevano nel loro carrello virtuale articoli come farmaci da prescrizione o quando avevano sottoscritto un piano terapeutico.
Queste pratiche di condivisione dei dati – sottolinea l’articolo – minacciano la privacy dei pazienti e fanno capire come l’Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA), a lungo lo standard del settore per la protezione dei dati, non è stato scritto per l’odierna era della teleassistenza.
“Pensavo di essere difficilmente scioccabile – ha dichiarato Ari Friedman, medico di medicina d’urgenza dell’Università della Pennsylvania che si occupa di privacy nella sanità digitale – ma trovo questo particolarmente scioccante”. Eric Perakslis, responsabile scientifico e digitale del Duke Clinical Research Institute, ha detto che i risultati sottolineano come “il mercato dei dati sanitari continua a essere fuori controllo”.

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