Si è concluso uno stallo che aveva portato al blocco di 20 navi sui Dardanelli
Il governo di Ankara sta ricevendo dagli armatori i certificati di assicurazione che aveva richiesto
La Turchia ha trovato un accordo con le compagnie di assicurazione delle petroliere da giorni bloccate all’imbocco del canale del Bosforo e otterrà la lettera di conferma di assicurazione dei carichi di greggio richiesta da giorni. Si tratta della fine di uno stallo che negli ultimi giorni ha causato il blocco di almeno 20 petroliere, creatosi in seguito all’introduzione dell’oil cap, che fissa il prezzo massimo a 60 dollari al barile. Un provvedimento deciso da Unione Europea, Australia e dai Paesi del G7 ed entrato in vigore a inizio dicembre con l’obiettivo di evitare speculazioni da parte della Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Ankara, per dare il semaforo verde al passaggio delle imbarcazioni, ha chiesto una lettera da parte delle compagnie di assicurazione che garantisse che i barili trasportati fossero prezzati secondo quanto previsto dalle sanzioni.
Una condizione essenziale a garantire che il carico fosse assicurato in caso di incidenti e perdite di greggio in un’area densamente abitata come quella del canale del Bosforo. Dubbi che hanno spinto la Turchia a chiedere garanzie di “protezione e indennità”. Garanzie che le compagnie assicurative all’inizio si sono rifiutate di fornire in quanto non confacenti alle pratiche standard.
Un muro contro muro durato giorni, fino alla comunicazione da parte del ministero delle Infrastrutture e Trasporti di Ankara, che ha comunicato che le compagnie di assicurazione hanno iniziato a produrre le lettere richieste, risultato di giorni di mediazione da parte di diplomatici sia europei che americani. Il blocco delle petroliere di questi giorni non ha avuto tuttavia ripercussioni sul prezzo del greggio, che solo ieri è salito del 3.9% superando di poco gli 81 dollari al barile dopo aver toccato uno dei minimi storici alla fine della scorsa settimana: 76,77 dollari al barile. Tuttavia se l’impasse fosse continuata le ripercussioni sarebbero state più pesanti anche per il coinvolgimento del petrolio prodotto in Kazakistan, non soggetto a sanzioni. Il petrolio kazako viene mandato in Russia attraverso l’oleodotto Caspian Pipeline ed è poi caricato su petroliere nel porto di Novorossiyk, in Russia.
Qui, in un porto russo, riceve un certificato di provenienza, che però espone al rischio che le sanzioni vengano così raggirate dichiarando kazako petrolio in realtà russo. Un rischio concreto anche per la decisione del mese scorso della russa Lukoil di arrestare l’export del petrolio estratto nel Caspio attraverso l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan, che arriva proprio in Turchia e spostare tutto il greggio nel Caspian Pipeline, dove passa anche il petrolio del Kazakistan. Si calcola che ogni anno attraverso gli stretti di Bosforo e Dardanelli passino circa 48 mila petroliere, con carichi che superano il 3% del petrolio consumato in tutto il mondo. Il Bosforo, lungo 27 chilometri, mette in collegamento il Mar Nero con il Mar di Marmara, anticamera del Mediterraneo con cui si unisce attraverso lo stretto dei Dardanelli.
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