Raffaele Gerbi, il “re degli indennizzi” è accusato di aver nascosto ai propri clienti 68.5 milioni di euro liquidati dalle compagnie di assicurazioni negli ultimi 3 anni
Ex parlamentare europeo, avvocato, volto noto in Tv, il 56enne Raffaele Gerbi è soprattutto conosciuto per la sua grande specialità: far ottenere maxi risarcimenti dagli invalidi da lui assistiti. Tuttavia, l’avvocato romano con studio in Corso Venezia a Milano è finito sotto la lente d’ingrandimento dei giudici milanesi che hanno ordinato il sequestro ordinato il sequestro, in via preventiva, di 30 milioni di euro e altri 12 milioni a società a lui riconducibili, e ad altri indagati nell’inchiesta aperta dalla procura di Milano sulla presunta truffa ai danni dei clienti.
Al centro dell’inchiesta ci sono circa 20 maxi transazioni effettuate con le compagnie di assicurazioni negli ultimi tre anni. Operazioni sulle quali, l’avvocato si sarebbe trattenuto fino al 70% dei risarcimenti complessivi, pari a 68,5 milioni di euro liquidati dalle compagnie.
Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, la truffa sarebbe andata a segno tacendo il funzionamento dei “patti di quota lite”. Si tratta di accordi con cui un legale propone al cliente un obiettivo di risarcimento, al di sotto del quale si assume tutti gli oneri e le spese, per incassare, a transazione avvenuta, parte o l’intero ammontare della somma ottenuta eccedente l’obiettivo prestabilito.
Il punto cruciale è che sfruttando l’asimmetria informativa, in base alle intercettazioni e testimonianze di otto famiglie di invalidi, risulterebbe che nel momento di prospettare un obiettivo realistico di risarcimento di 500 mila euro, veniva taciuto al cliente che sulla base dei parametri e delle prassi transattive con le compagnie, l’ammontare realistico del risarcimento sarebbe potuto essere intorno ai 4-5 milioni, come in effetti poi avvenuto. Nessuna parola anche sul fatto che lo stesso Gerbi ottenesse già dalle compagnie il pagamento dei suoi onorari, pari in genere al 10%.
La truffa sarebbe stata perpetrata ai danni di vittime di incidenti stradali, sfruttando la “condizione di minorata difesa per le lesioni psicofisiche gravissime” e “l’essere sprovviste di conoscenze giuridiche”, con il risultato di causare alle vittime danni patrimoniali “di straordinaria gravità per le loro vite bisognose di interventi chirurgici e assistenza perpetua”.
I difensori di Gerbi, per contestare l’accusa di truffa, hanno prospettato l’assenza di trucchi nei patti di quota lite, a loro avviso molto migliorativi degli obiettivi prospettati ai clienti da precedenti avvocati e hanno sottoineato che i bonifici di retrocessione a Gerbi di parte dei risarcimenti fossero firmati dai clienti.
a cura di Vincenzo Giudice
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