Prodotti molto costosi e poco remunerativi. Questo è in sintesi il giudizio che consulenti indipendenti e analisti di settore danno delle polizze finanziarie (unit linked o index linked). Sono ancora fresche le ferite di coloro che, dopo anni di perdite, si sono trovati con capitali fortemente ridotti dalle disastrose performance. Se è vero che da inizio anno questi fondi hanno messo a segno in media un rendimento del 7,41% (dato inerente i fondi unit linked monitorati dal Sole 24 Ore) è anche vero che il risultato a cinque anni è negativo per il 2,71%, mentre quello dei fondi comuni secondo la media Fideuram è positivo per il 2,25 per cento.
Bisogna premettere che si tratta di performance molto eterogenee tra loro: i fondi unit sono ormai molto specializzati e come tali molto legati all’andamento del settore su cui puntano. Tra i migliori a cinque anni svettano i fondi obbligazionari specializzati sulle obbligazioni giapponesi con un +57%, ma si cala sino al tonfo del 79% realizzato dalle quotazioni del fondo Suite II di AxaMps, un’eredità della ex Quadrifoglio Vita. Come si può vedere chi è salito sul cavallo sbagliato paga conseguenze amare.
Anche i deflussi da questo comparto sono stati notevoli. Dopo il crack Lehman Brothers i risparmiatori sono scappati: dal 2009 i prodotti di ramo III hanno messo a segno una raccolta netta pesantemente negativa in tutti i trimestri, per un totale di oltre 40 miliardi.
Eppure le compagnie per rilanciare la propria raccolta saranno costrette a puntare proprio sulle unit: dal punto di vista delle società infatti queste polizze sono una manna. Il rischio, generalmente, viene scaricato infatti sui risparmiatori e quindi le compagnie hanno meno obblighi e meno oneri di natura patrimoniale. Il discorso vale in particolare in prospettiva dell’entrata in vigore della direttiva Solvency II. Senza contare che, come dimostrato da diverse analisi, la redditività per i prodotti linked (in buona parte con strutture commissionali fee-based pure) è più stabile. Mediamente il rapporto utile su riserve tecniche di unit e index è stato più alto rispetto allo stesso indicatore dei prodotti tradizionali (ramo I e V) negli ultimi 13 esercizi.
I desiderata delle compagnie si scontrano ancora, tra l’altro, con le forti e giustificate resistenze dei risparmiatori sempre più avversi al rischio. Anche per questo le compagnie stanno mettendo a punto nuovi prodotti protetti. Tra i nuovi attori BPM Vita e Crédit Agricole Vita, che si affiancano ai gruppi già operativi nel segmento: Mediolanum (cinque emissioni da inizio anno), Aviva, Creditras e Cnp Vita, e ad Axa Mps (dieci emissioni). Queste nuove offerte prevedono la protezione del premio (netto o lordo a seconda del gruppo) cui è unito un obiettivo di performance.
C’è da sperare, visti i costi di questi prodotti, che le protezioni funzionino veramente. In passato alcune soluzioni pseudo-garantite, basate sul meccanismo constant proportion portfolio insurance (Cppi) sono infatti implose, lasciando i risparmiatori a bocca asciutta.
Fonte: Plus24