(di Adriano Bonafede – Repubblica Affari & Finanza)
Un italiano nella svizzera Zurich, un tedesco nella francese AXA, un francese nell’italiana Generali. È venuta meno la remora nazionalistica ma tutti cercano gli uomini giusti per variare approccio e modello di business
Un italiano in sella alla più grande compagnia svizzera. Un tedesco al comando nella tana assicurativa francese. Un francese alla guida del campione italiano delle polizze. Ma che succede nel mondo delle assicurazioni europee? Non si era mai visto un tale rimescolamento di nazionalità. In Svizzera, in Italia e nella più revanscista Francia nessuno si era mai sognato di mettere a capo della compagnia di bandiera uno straniero. Eppure in soli quattro mesi Mario Greco è andato a Zurich, Philippe Donnet è stato nominato ceo di Generali e Thomas Buberl è stato messo a capo di Axa. Resiste soltanto, per ora, sul fronte dell’obbedienza alla tradizione, la teutonica Allianz; ma anche lì, con la nomina dell’italiano Sergio Balbinot (ex Generali) nel gennaio dello scorso anno a membro del Board of management, il principio si è parzialmente incrinato.
Ma le novità non finiscono qui. Nell’ultimo anno si sono rinnovati i posti di comando di ben sette fra le più grandi assicurazioni europee. Oltre alle tre che abbiamo già visto, c’è la stessa Allianz, che nel maggio 2015 ha messo Oliver Baete al posto del plurimandatario Michael Diekmann. Sono cambiau i ceo anche nelle più grandi compagnie di riassicurazione quali Swiss Re (Michel M. Liés) e Munich Re (Joachim Wenning al posto di Nikolaus von Bomhard) e nel gigante assicurativo polacco Pzu, dove addirittura è assurto alla guida operativa Michal Krupinski, ex viceministro del Tesoro.
Tutte coincidenze? Soltanto uno strano scherzo del destino? O c’è qualche ragione più profonda, di natura industriale, che ha portato quasi contemporaneamente i principali gruppi europei – salvo quello anglosassoni – a dare avvio a una nuova fase cambiando i propri ceo?
Qualunque sia la risposta, c’è da dire, intanto, che non tutti i cambiamenti hanno avuto la stessa motivazione. Ad esempio, in Axa Henri De Castries esce un anno prima delle dimissioni già in precedenza programmate. Ma l’azienda à in buona salute, ha i conti in ordine, è seconda per capitalizzazione in Europa dopo Allianz. I più maligni dicono che l’anticipazione è dovuta soltanto al fatto che De Castries, che ha vissuto nel gruppo francese una lunghissima stagione da presidente e ceo dal 2000 a oggi, ha avuto la proposta di andare a guidare il colosso bancario Hsbc. In ogni caso, il cambio della guardia sembra essere stato ben orchestrato dall’intemo di Axa.
Proprio il contrario di quel che è avvenuto invece in Generali, dove l’uscita di Mario Greco non sembra davvero essere stata concordata ma è avvenuta all’improvviso, lasciando di stucco gli azionisti, che forse speravano in una felice conclusione della trattativa. Greco, infatti, ha occupato la poltrona di ceo soltanto per tre anni, al contrario di tutti gli altri che sono stati sostituiti dopo lunghissimi periodi di comando, spesso reiterati più volte. L’ex amministratore delegato ha comunque portato a termine in Generali quel che è più bravo a fare, cioè una completa ristrutturazione aziendale.
E si capisce, quindi, anche perché Greco sia stato chiamato a guidare Zurich, che qualcuno ha definito il “gigante malato” e che sembra aver bisogno di una scossa e di una risistemata. Non dimentichiamo cosa è successo: due anni fa si suicidò il cfo (direttore finanziario, ndIMC). L’allora presidente Ackermann (anche ex presidente di Deutsche Bank) si dimise, mentre la fusione con Royal & Sun Alliance non si fece perché Zurich si ritirò il giorno prima. Infine, a dicembre scorso si è dimesso il ceo Martin Senn, che era ll da ben 10 anni. Con Greco – sostengono alcuni analisti – quella di Zurich sarà una delle più grandi opere di ristrutturazione mai avvenute in Europa. E qui, al contrario che in Generali, non c’è un nocciolo duro di azionisti che possono dettare la loro visione al ceo, visto che la compagnia svizzera è di fatto una public company. La direzione di marcia sarà soltanto quella della creazione di valore.
L’avvicendamento tutto teutonico all’interno di Allianz sancisce invece solamente la fine di un lungo regno, quello di Michael Diekmann, durato 15 anni, e l’inizio di una nuova fase. Anzi, a pensarci bene, tutti i cambiamenti nelle grandi compagnie europee (ad esclusione di Generali come abbiamo visto) hanno in qualche modo un unico comun denominatore: avvengono in ogni caso, e al di là dei casi particolari, alla fine di un lungo ciclo di 8-10 e anche più di 15 anni come nel caso di De Castries. «Ciò è del tutto normale – dice un analista – i cicli assicurativi sono lunghi ed è necessaria una continuità di comando».
Ma a un certo punto è necessario cambiare. E secondo gli esperti questo è un momento in cui bisogna attrezzarsi per un mondo che è mutato al punto da richiedere anche un’età diversa da quella dei vecchi chief executive uscenti. «E’ cambiato tutto in poco tempo», dice Davide Corradi, partner e managing director del Boston Consulting Group. «Fino a qualche anno fa c’era un’asimmetria informativa a favore della compagnia, i tassi d’interesse erano relativamente alti, c’era stabilità dei canali distributivi, la regolamentazione cambiava gradualmente; mentre in Europa la tecnologia andava a piccoli passi. Negli ultimi cinque anni questi macro-driver sono mutati a velocità supersonica: i clienti trovano su internet informazioni, un tempo appannaggio delle sole compagnie, e un nuovo canale; la tecnologia permette fare in modo nuovo priring e data analytics; la regolamentazione è un vero tsunami: Solvency 2, Mifid, Imd2, Prip stanno modificando radicalmente l’ambiente operativo».
Ma più importante di tutte è la sfida, ai limiti del sovrumano, dei bassi tassi d’interesse, che mette in pericolo soprattutto il ramo vita. «Il bisogno di risparmio a lungo termine è ancora presente: occorre innovare il modello di business e la gestione finanziaria, utilizzando asset class e competenze nuove perché bisogna cercare extra-rendimenti, ora che i titoli di Stato non rendono più nulla», dice Corradi. Chi troverà la quadra per primo vincerà la sfida.