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Che impatto ha avuto il Covid-19 sul mercato assicurativo e in particolare sui rispettivi rami

Un’approfondita analisi dello studio legale BTG Legal ci aiuta a capire tutte le implicazioni, ramo per ramo

IMPATTO POTENZIALE SUI DIFFERENTI RAMI ASSICURATIVI (E SUI RELATIVI SINISTRI):
Dopo aver delineato alcuni aspetti generali riguardanti in generale il settore assicurativo, occorre ora prendere in considerazione le possibili ripercussioni sulle singole linee di rischio.

VITA, MALATTIA E SPESE SANITARIE
Chiaramente, queste polizze sono state tra quelle più direttamente coinvolte: l’impatto maggiore sarà dovuto all’aumento dei ricoveri ospedalieri e del costo economico delle spese sanitarie. L’impatto dipenderà anche dal sistema sanitario di ciascun Paese. In Italia,
dunque, l’impatto sarà molto minore che altrove (es. USA).
Per gli Assicuratori del ramo vita, l’esposizione dipenderà da come il tasso di mortalità complessivo influisca sui sottoinsiemi demografici e dall’esposizione di ciascun assicuratore. Fino ad ora, il tasso di contagio e di mortalità è risultato più elevato tra gli
anziani e fra le persone con patologie preesistenti, ma non vi sono dati medici chiari e incontrovertibili.
Se le polizze di assicurazione vita e malattia di solito coprono il rischio di malattie ordinarie o morte per malattie più comuni, alcune polizze possono escludere i sinistri derivanti da infezione pandemica. Pur considerando che, in caso di ambiguità del testo contrattuale, quest’ultimo andrà interpretato in senso sfavorevole al predisponente (ai sensi dell’art. 1370 c.c.).

VIAGGI E TURISMO
Questa tipologia di assicurazione normalmente prevede la copertura delle spese di annullamento del viaggio nonché delle spese mediche o ospedaliere d’urgenza o decessi accidentali. Molte di tali polizze, però, escludono espressamente l’epidemia o la pandemia.
Dopo l’annuncio dell’OMS dell’11 marzo 2020, che ha ufficialmente dichiarato la “pandemia”, per le polizze assicurative viaggio che contengano la relativa esclusione verosimilmente le Compagnie potranno negare la copertura delle richieste di indennizzo relative al coronavirus. Alcune polizze, peraltro, potrebbero prevedere una esclusione di copertura non solo per le regioni o Paesi verso i quali le autorità abbiano emesso un espresso divieto di viaggiare, ma anche verso i quali esiste un mero suggerimento o avvertimento ad evitarli per viaggi non essenziali.
Sotto tale profilo, è improbabile che i viaggi di piacere o anche la maggior parte dei viaggi d’affari siano considerati viaggi “essenziali” (mentre potrebbero certamente rientrarvi il ricongiungimento per decesso di un prossimo congiunto o il caso di urgenze mediche). In
alcune polizze, poi, l’esclusione si spinge anche a ricomprendere ipotesi in cui vi siano indicazioni da parte dei media o avvertimenti informali relativi a un potenziale rischio di malattie infettive in Paesi stranieri. In generale, le polizze viaggi escluderanno la copertura
per il caso di contagio da COVID-19 a partire dalla data in cui si ritiene che questa fosse una “circostanza prevedibile”: l’interpretazione di tale data, è ben comprensibile, potrà variare da assicuratore a assicuratore aprendo dei contenziosi al riguardo.
Ogni polizza poi, può prevedere una copertura più o meno estesa, in base alle opzioni acquistate: soltanto l’opzione di copertura per cancellazioni dovute a qualsiasi motivo può offrire certezze, potendo coprire – ad esempio – anche la cancellazione di viaggi dovuta al
mero timore di contagio da COVID-19.

Ciò detto, va comunque ricordato come l’art. 28 del D. L. n. 9 del 2 marzo 2020 – abrogato dall’art. 1, comma 2, della legge 24 aprile 2020, n. 27 (Legge di Conversione del D.L. Cura Italia) – aveva previsto specificamente l’applicazione dell’art. 1463 c.c., ovvero la
sopravvenuta impossibilità della prestazione, ai contratti di trasporto sottoscritti da cittadini poi sottoposti a quarantena o altre misure restrittive, prevedendo così il diritto al rimborso direttamente da parte dei vettori. Lo stesso Decreto Legge aveva previsto anche disposizioni particolari per i pacchetti turistici, richiamando l’art. 41 del Codice del Turismo (D. Lgs. 79/2011) che prevede il diritto di recesso. La norma del Decreto aveva inserito però delle deroghe in favore degli organizzatori, che potevano scegliere se rimborsare integralmente i viaggiatori, oppure offrire pacchetti sostitutivi o voucher di pari importo. In questo caso il legislatore aveva cercato un compromesso fra i diritti dei consumatori e la salvaguardia di un settore fortemente colpito dalla crisi a causa della pandemia.
Ebbene, gli artt. 882 e 88bis3 della Legge di Conversione del D.L. Cura Italia, recependo ed ampliando le misure già introdotte con l’abrogato D.L. n. 9 del 2 marzo 2020, hanno ribadito l’applicazione dell’art. 1463 c.c., a varie tipologie contrattuali a seguito di determinati provvedimenti adottati dal governo nei mesi scorsi.

INTERRUZIONE ATTIVITÀ
Senza dubbio la maggior parte delle aziende costrette a sospendere le loro attività, o ad operare in condizioni di estrema difficoltà, subiranno danni a causa di interruzioni di attività dovute al fermo della supply chain ed alla “perdita di attrattività” a seguito della mancata presenza di turisti o viaggiatori, tali da mettere a rischio la loro stessa esistenza.
Nel contesto attuale, dunque, la business interruption è stata conseguenza del diffondersi a livello pandemico del COVID-19, che ha portato molti governi a disporre il lockdown di quasi tutte le attività di produzione e servizi.

Le polizze business interruption, essendo legate a coperture di tipo property, proteggono principalmente contro il rischio della perdita di profitto da fermo dell’attività a causa del verificarsi di un determinato evento, ma presuppongono che il fermo attività sia conseguenza di un danno materiale ai beni di produzione (ad esempio, a seguito di allagamento o incendio che danneggi un impianto industriale). Nel caso del COVID-19 mancherebbe, dunque, il presupposto del danno materiale ai beni dell’impresa previsto come trigger delle coperture business interruption (anche se, nel mondo assicurativo anglosassone, già si discute se il virus, potendo permanere per un periodo di tempo su una superficie – ad es. scrivania, pavimento, sacchetto di plastica – possa integrare una
“modifica” della materia, tuttavia, in assenza di una modifica “strutturale” della medesima, appare difficile ascrivere il contagio da COVID-19 come puro danno property).
Va dato conto della presenza, in alcuni casi, di estensioni per “contaminazione”: in questo caso si potrebbe prescindere dalla presenza di un danno fisico. Potrebbe rientrare in copertura ad esempio la disinfestazione dei locali aziendali (qualora la clausola non fosse limitata alla presenza di blatte, ratti o zanzare ma si estenda ai casi di legionella, salmonella e altri patogeni).

Una potenziale esposizione a sinistri di minore entità potrebbe derivare dalle estensioni di garanzia che possono essere previste nelle polizze, per eventi non legati a danni materiali e diretti (cd. Non-Damage BI) come le malattie infettive (previste tuttavia solitamente con sotto-limiti contenuti). Da questo punto di vista potrebbe profilarsi una pandemia come evento astrattamente coperto: va comunque valutato con attenzione il wording di polizza e anche verificare l’ambito e l’estensione delle esclusioni.

Va altresì aggiunto che alcune polizze assicurative per l’interruzione dell’attività possono prevedere un’estensione della copertura per “Ordini delle Autorità Civili” che neghino l’accesso ai locali assicurati. Tuttavia, sarà necessario esaminare caso per caso i termini di
tale estensione, per determinare se certi avvertimenti e/o provvedimenti delle autorità rientrino nell’ambito della copertura: tale tipologia di copertura, infatti, ha di solito come riferimento una chiusura imposta ad personam e non certo un lockdown generalizzato. È improbabile altresì che le misure precauzionali dell’assicurato, financo la chiusura senza un ordine dell’autorità civile, siano coperte dall’estensione.

Altra soluzione offerta dal mercato assicurativo internazionale (soprattutto americano) è quella delle polizze di c.d. “Contingent Business Interruption”, la cui copertura si estende ai danni causati dall’interruzione per eventi che abbiano colpito beni appartenenti non all’assicurato, bensì al ai fornitori o ai clienti (supply chain disruption). Da questo punto di
vista le conseguenze dei vari lockdown disposti dai governi potrebbero essere astrattamente coperte. Le polizze di questa categoria, peraltro, solitamente hanno un periodo di durata entro il quale circoscrivere i danni da interruzione della produzione o dell’attività, che può variare a seconda dei termini pattuiti. L’aspetto non è di secondaria importanza, perché attiene all’effettivo godimento della copertura assicurativa: a seconda dei termini, il periodo impiegato per riprendere le attività, una volta venuta meno la causa
interruttiva, potrebbe non essere coperto.
Altra possibile estensione è quella riguardante la perdita di attrattività, per la verità poco diffusa nel nostro Paese, per la quale il requisito della perdita fisica può non essere necessario, essendo collegata ad altri fattori esogeni, come attacchi terroristici, rischi politici o, potenzialmente, il contagio da Covid-19.

In ogni caso, le polizze per l’interruzione di attività prevedono usualmente dei limiti temporali precisi di copertura, oltre i quali le perdite eventualmente subite non vengono più indennizzate. Inoltre, gli assicurati, come per tutte le polizze, hanno l’obbligo di adoprarsi
per minimizzare le perdite trovando alternative per garantire la continuità aziendale, come il ricorso allo smart working. Sotto questo aspetto le aziende hanno già introdotto questa e molte altre misure, in ossequio ai decreti governativi (con l’effetto collaterale, tuttavia, di esporsi a maggiori rischi di attacchi cyber).
Probabilmente c’è da aspettarsi che le compagnie si attrezzeranno in sede di rinnovo, prevedendo una specifica esclusione relativa al Coronavirus. Del resto, la fornitura di coperture assicurative contro una pandemia impone costi di difficile stima e non può prescindere da un diretto intervento statale. Forse, come già è stato fatto in vari Stati per altri disastri naturali, si potrebbe pensare a dei Protection Gap Entities, ossia fondi a capitale misto privato-pubblico per colmare la differenza fra rischi assicurati ed effettive perdite economiche, mantenendo così ragionevoli i costi della copertura assicurativa, altrimenti insostenibili.

CANCELLAZIONE EVENTI
Esistono sul mercato delle polizze a copertura delle perdite pecuniarie dovute alla cancellazione, abbandono, rinvio, interruzione, trasferimento dell’evento determinati da qualsiasi causa imprevedibile e fuori del controllo dell’assicurato / organizzatore, come
certamente è il caso di una pandemia.
È bene però ricordare come la copertura abituale per i costi sostenuti e la perdita di guadagno dovuta alla cancellazione di un evento potrebbe contenere un’ampia esclusione per qualsiasi richiesta di cancellazione di eventi derivanti da focolai di “malattie
trasmissibili”, ben più ampia delle esclusioni per “epidemia o pandemia”. L’esclusione delle malattie trasmissibili è di solito abbastanza ampia da poter essere invocata anche a fronte di consigli o avvisi governativi avverso i viaggi “non essenziali” in una zona determinata, che comportino la cancellazione di un evento da parte degli organizzatori.
In altri casi, le polizze possono escludere espressamente malattie infettive come SARS, MERS, influenza aviaria “e simili”: nel caso sia presente una tale generica definizione anche il COVID-19 dovrebbe rientrare automaticamente nell’elencazione. In caso contrario, la copertura potrebbe invece sussistere, pur tenendo conto che per le polizze di nuovo conio (come con il caso SARS di una ventina d’anni fa) sono ormai inserite espresse esclusioni riguardanti il COVID-19.

Le polizze per cancellazione di eventi possono coprire solitamente le spese incorse, al netto di quelle eventualmente risparmiate, oltre al mancato guadagno dell’evento. In ogni caso, andranno considerati gli oneri dell’assicurato previsti dai termini di polizza, che impongono di solito il tentativo di limitare l’aggravio del danno.
Anche qualora fosse inclusa un’estensione della copertura per le malattie trasmissibili, potrà comunque sorgere il dubbio sulla copertura di cancellazioni precauzionali da parte degli organizzatori: l’evento potrebbe avere luogo legalmente, ma purtuttavia essere
cancellato a titolo precauzionale in considerazione degli avvertimenti del governo. In tali casi, la compagnia potrebbe rifiutare l’indennizzo.

Chiaramente poi, soprattutto per i grandi eventi, dovrà essere considerata tutta la rete di contratti stipulati con il pubblico, i fornitori, gli sponsor, i tecnici, il personale e tutti i potenziali soggetti interessati. Occorrerà quindi verificare i termini contrattuali nel dettaglio,
tenendo conto della possibile invocazione dell’impossibilità temporanea o assoluta di prestazione, invocabile nel caso della pandemia a seconda delle circostanze concrete.

RESPONSABILITÀ CIVILE PROFESSIONALE
Anche questa categoria di polizze potrebbe non essere indenne da rischi causati dalla pandemia. Il discrimine principale è chiaramente quello dell’attività svolta: ça va sans dire che ad essere maggiormente interessati sono i professionisti sanitari.
Il tema è stato fortemente dibattuto anche in Parlamento, dove erano stati presentati diversi emendamenti al D.L. Cura Italia in materia di responsabilità civile delle strutture ospedaliere pubbliche e private e dei professionisti ivi operanti. Gli emendamenti
prevedevano anche disposizioni per limitare la punibilità penale del personale sanitario in costanza dell’emergenza sanitaria. Allo stato nulla è stato disposto. Ma non sono da escludersi degli sviluppi al riguardo.

Da questo punto di vista, va precisato che la situazione di emergenza sanitaria da principio sembrava aver rinnovato la fiducia, nei confronti dei medici, anzitutto, nonché di tutto il personale sanitario, anche in contrapposizione alla precedente tendenza che aveva
reso gli stessi a parere di alcuni commentatori “vittime del contatto sociale”. Bisognerà vedere se l’ondata emotiva che precede continuerà successivamente sino a fondare la più volte invocata “rinnovata alleanza terapeutica”, e se non dovesse riprendere il trend
precedente.
In ogni caso, la mancanza di linee guida e protocolli specifici per la gestione clinica del COVID-19 dovrebbero essere elementi certo rilevanti da questo punto di vista, mentre più delicato potrebbe essere l’aspetto relativo alla gestione “organizzativa” della pandemia
(organizzazione di risorse umane e materiali, di dotazioni, di strumenti, ecc.).

D&O
La situazione emergenziale causata dal virus ha certamente imposto ad amministratori e direttori decisioni drastiche in tempi ristretti, nella gestione del personale, delle forniture, delle vendite e dei flussi finanziari.
Esclusioni tipiche delle polizze D&O riguardano le lesioni personali (fra cui potrebbe rientrare il contagio da coronavirus) e le esclusioni per inquinamento/contaminazione, anche in questo caso potenzialmente interessate dalla pandemia, ma soggette al wording
di polizza, che difficilmente potrà essere esteso al COVID-19.

Per le grandi imprese o comunque quotate in borsa, sono possibili azioni da parte sottoscrittori per la perdita di valore conseguente ad una fallace gestione della crisi, se non addirittura fraudolenta: è quanto già accaduto oltreoceano con alcune compagnie i cui
amministratori avrebbero nascosto l’impatto della pandemia ed anzi incoraggiato l’acquisto dei propri prodotti o servizi, facendo poi precipitare il valore delle azioni una volta scoperta la reale situazione.
I manager hanno dovuto attuare misure di pianificazione di emergenza per affrontare l’epidemia di coronavirus, così che le potenziali interruzioni delle attività siano gestite da misure adeguate per la salvaguardia dei dipendenti (e dei clienti). Si può comunque ritenere
improbabile che eventuali aumenti delle richieste di risarcimento possano essere attribuibili direttamente all’infezione da coronavirus.

In ogni caso, a calmierare parzialmente un rischio di blocco decisionale da parte dell’alto management, è intervenuto il c.d. Decreto Liquidità (D.L. 23/2020) che ha introdotto alcune misure derogatorie degli obblighi generalmente previsti, per tutelare la continuità aziendale e ridurre il rischio di fallimento delle imprese.
Le linee di intervento si svolgono in tre direzioni. Le disposizioni temporanee, infatti, sono state dettate in materia di riduzione di capitali (art. 6), sui principi di redazione del bilancio (art. 7) e in materia di finanziamenti alle società (art. 8):

  • non si applicano fino al 31 dicembre le norme sulla riduzione del capitale sociale per perdite e sullo scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale (perché le perdite di capitale potrebbero non riflettere le reali ed effettive potenzialità dell’impresa);
  • la redazione del bilancio di esercizio in corso si effettuerà nell’ottica della continuità di impresa anche se la società dovesse essere insolvente, purché non lo fosse nell’ultimo bilancio chiuso prima del 23 febbraio 2020 (al fine di evitare che una situazione ritenuta contingente ed eccezionale porti a raffigurare una rappresentazione distorta della realtà);
  • il rimborso dei finanziamenti effettuati a favore delle società da parte dei soci, di chi esercita attività di direzione e coordinamento o di altri soggetti a esse sottoposti, in deroga a quanto solitamente previsto, non sarà soggetto al meccanismo della postergazione rispetto alla soddisfazione degli altri creditori (cercando dunque di stimolare il concreto coinvolgimento dei soci nella raccolta di risorse utili alla continuità aziendale).

A tali misure devono sommarsi l’improcedibilità delle istanze di fallimento e ammissione a liquidazione coatta amministrativa presentate fra il 9 marzo e il 30 giugno 2020, nonché la proroga di 6 mesi dei termini di adempimento dei concordati preventivi e
degli accordi di ristrutturazione omologanti che scadono fra il 23 febbraio e il 30 giugno.

Se la ratio delle norme in commento è prettamente sostanziale, volta quindi a evitare che una situazione ritenuta contingente ed eccezionale porti a raffigurare una rappresentazione distorta della realtà, è altresì vero che restano ferme tutte le previsioni in
tema di informativa ai soci previste dagli articoli del codice civile oggetto di temporanea disapplicazione, vale a dire il comma primo dell’articolo 2446 e i commi primo, secondo e terzo dell’articolo 2482-bis.
Va infine ricordato come lo stesso Decreto Liquidità abbia posticipato al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’Impresa, prima prevista per il 15 agosto 2020, ma che avrebbe posto da subito dei problemi di coordinamento con l’inedita situazione emergenziale in corso e le misure derogatorie resesi necessarie.

È opportuno che gli assicuratori considerino l’impatto che le disposizioni di cui sopra potrebbero avere sulle coperture. Le clausole di polizza che fanno esplicito o implicito riferimento all’insolvenza (in materia di “circostanze” e loro comunicazione, rinnovo o
cessazione della copertura, applicazione di copertura “postuma”, ambito di operatività della copertura) ben potrebbero essere oggetto di revisione alla luce del nuovo scenario emergenziale. In aggiunta, tanto in fase di quotazione e sottoscrizione quanto nella
gestione dei sinistri, le compagnie dovranno tener conto che i meccanismi e le procedure previste dalle norme “sterilizzate” non costituiranno un valido parametro di riferimento.
In definitiva, la possibilità per gli amministratori di continuare l’operatività aziendale, nonostante una situazione di crisi (anche di liquidità) avrà certamente un effetto benefico, sotto il profilo dei sinistri, in quanto spunta una delle principali armi contro amministratori e sindaci in ambito delle azioni di responsabilità (spesso esercitate in ambito fallimentare) contro costoro.

Purtuttavia, va notato come tali norme consentano di fatto alle imprese di continuare ad operare anche in una situazione di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, con possibile accrescimento delle dimensioni delle future richieste risarcitorie in
caso di successiva insolvenza della società.

ENTI PUBBLICI
Anche l’assicurazione per responsabilità civile degli Enti pubblici potrebbe essere influenzata dal COVID-19, a causa di un aumento dei sinistri per eventuali, inadeguate, risposte all’emergenza.

Il Governo, con l’art. 6 del D.L. n. 18/2020, poi convertito con L. n. 27/2020, ha adottato una serie di misure che autorizzano (sino al termine dello stato di emergenza, dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020), la requisizione, in uso o in
proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, come mascherine, di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare la predetta emergenza sanitaria, nonché la requisizione in uso di beni immobili, come le strutture
alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio delle persone
interessate. La giurisprudenza italiana, con riferimento a precedenti situazioni di emergenza (soprattutto terremoti), mostra come i Comuni e le altre autorità locali potrebbero essere chiamati a rispondere di presunte irregolarità nelle requisizioni o nelle procedure di gara pubblica.
La Commissione Europea, riconoscendo possibili difficoltà per gli Enti Pubblici degli Stati membri, ha pubblicato il 1° aprile 2020 la comunicazione 2020/C 108 l/01 riguardante “Orientamenti della Commissione Europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti
pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della COVID-19”, contenente un’informativa in cui sono spiegate quali sono le opzioni ed i margini di manovra possibili a norma del quadro dell’UE in materia di appalti pubblici per l’acquisto di forniture, servizi e lavori necessari per affrontare la crisi. In particolare in tale comunicazione sono state esposte tutte le misure che possono essere adottate dagli acquirenti pubblici degli Stati membri dell’UE in relazione agli appalti in casi di estrema urgenza, quali l’attuale crisi COVID-19, con riferimento alle procedure semplificate e ai termini procedimentali ridotti in casi eccezionali come quello presente. Gli Enti pubblici possono quindi usufruire di una certa flessibilità nella loro operatività in relazione alle attività necessarie per fronteggiare l’attuale periodo di crisi sanitaria, pur dovendo, comunque, rispettare la normativa di riferimento (D. Lgs. 50/2016 in primis), e tenendo presente la sospensione dei termini amministrativi, disposta dapprima fino al 15 aprile 2020 dall’art. 103, commi 1 e 5 del D.L. n. 18/2020, e poi prorogata sino allo scorso 15 maggio 2020 dall’art. 37 del D.L. n. 23/2020.

RCO/RCT
Per quanto riguarda l’assicurazione per responsabilità civile nei confronti dei dipendenti o di terzi, non è da escludersi il rischio di contagio nei locali aziendali. Nel caso in cui nella polizza non vi siano specifiche esclusioni per i casi di malattie trasmissibili, epidemie o pandemie, la copertura potrebbe sussistere qualora l’assicurato non abbia adottato misure ragionevoli per proteggere adeguatamente i dipendenti o i terzi.

Il D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, cd. Decreto Cura Italia, (ora legge n. 27 del 24 aprile) all’art. 42 ha previsto la tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da coronavirus contratta in occasione di lavoro, con conseguente equiparazione agli infortuni sul lavoro. In
particolare, la norma prevede che l’infezione da COVID-19 per il personale sanitario si qualifichi come malattia-infortunio sul lavoro, e pertanto la causa virulenta è equiparata a quella violenta. Nello stesso senso una circolare dell’INAIL che reca la stessa data
(17.3.2020, n. 3675). Con circolare n. 13 del 3 aprile 2020, l’INAIL ha indicato l’ambito operativo della nuova previsione normativa, applicabile ai lavoratori dipendenti e assimilati nonché agli altri soggetti previsti con D. Lgs. n. 38/2000, quali i lavoratori parasubordinati.
Per gli operatori sanitari è prevista nella medesima circolare una tutela rafforzata, in quanto tali lavoratori sono esposti ad un elevato rischio di contagio, con presunzione (semplice) circa l’origine professionale dell’infezione da COVID-19. La circolare INAIL estende tale presunzione anche ad altre categorie di lavoratori, particolarmente esposti al rischio di contagio, con elencazione esemplificativa e non tassativa, quali operatori in front-office, addetti alle casse, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario ma che operi all’interno di strutture sanitarie.

Nel nostro ordinamento la causa “virulenta” è già stata equiparata a quella “violenta”, che è uno degli elementi fondanti dell’infortunio sul lavoro: la giurisprudenza si è espressa varie volte sul punto (Cass. Civ. 12559/2006 relativa all’esplosione di un virus latente nel corpo umano a causa della lavorazione e macellazione di carni fresche; Cass Civ. 20941/2004 relativa alla contrazione del virus dell’epatite nella riparazione di apparecchi odontotecnici).

Certamente uno dei primi problemi che si potranno profilare è se l’Inail, una volta indennizzato il lavoratore contagiato dal COVID-19, abbia azione di regresso nei confronti del datore di lavoro, anche se, fatta eccezione per i casi di lavoratori di imprese classificate
a maggiore rischio, l’onere della prova sul contagio in ambito aziendale spetterà all’ente previdenziale.
Da questo punto di vista, nel caso in cui il datore di lavoro abbia adottato gli strumenti di igiene e profilassi adeguati secondo la struttura e l’attività aziendale, seguendo le prescrizioni del caso, difficilmente potrà profilarsi una tale responsabilità (vedasi sul punto la Circolare INAIL del 15 maggio 2020). Gli obblighi cui il datore deve attenersi rimangono sempre delineati dal D. Lgs. 81/2008 ed in via generale dall’art. 2087 c.c., sebbene in queste settimane varie misure governative abbiano previsto misure più puntuali in materia di igiene e prevenzione, da ultimo con il Protocollo d’Intesa del 14 marzo 2020, aggiornato dal D.P.C.M. del 26 aprile 2020 in vista della c.d. Fase 2. Tutti i datori dovranno assicurare il rispetto delle misure, onde evitare contagi vista la ripresa delle principali attività economiche.

In ogni caso, comunque, Inail avrebbe infatti l’onere di provare in giudizio che il lavoratore indennizzato dall’istituto è stato contagiato a causa e in conseguenza delle omissioni del datore di lavoro, il che non appare semplice (anche se la prova può essere data anche presuntivamente) data la molteplicità delle modalità e delle occasioni di contagio. La prova presuntiva potrebbe essere ovviamente più agevole nel caso in cui ad esempio si sviluppassero numerosi casi all’interno di un’azienda tali da fare presumere ex art. 2727 c.c. che la mancata adozione delle misure previste sia stato la causa “più probabile che non” del contagio.
Poiché la rivalsa INAIL può attivarsi anche dopo anni, il consiglio per gli imprenditori è in ogni caso quello di tenere traccia di tutte le procedure virtuose attivate.

Dal punto di vista della responsabilità RCT, ovvero della responsabilità civile verso terzi, che ha come presupposto appunto il fatto che un assicurato sia “responsabile” verso un terzo, la responsabilità per eventuali “contagi” da COVID appare essere di assai difficile
prova, fatto salvo il caso di strutture sanitarie o residenziali (i casi delle c.d. RSA). In effetti vi è già chi ha suggerito di fare ricorso per tali situazioni al concetto di forza maggiore (in quanto tale esimente da responsabilità), posta la dimensione catastrofale dell’evento su cui non serve soffermarsi. In ogni caso, la mancanza di linee guida e protocolli specifici sia dal punto di vista organizzativo che clinico, soprattutto nelle fasi iniziali dell’epidemia sarà elemento da tenere in considerazione.
Si possono profilare poi ipotesi collegate alla gestione della pandemia, ma non strettamente a casi di contagi, come lesioni al diritto alla riservatezza per diffusione di dati “sensibili” (concernenti la salute, o altro).

CYBER RISK
Anche le polizze cyber potrebbero registrare un aumento del rischio di sinistri. Molte aziende hanno permesso ai propri dipendenti di lavorare in modalità smart, da remoto, senza, tuttavia, un sufficiente grado di consapevolezza dei rischi legati alla sicurezza IT e
delle reti, anche in termini di GDPR.
In questo frangente, molte imprese hanno adottato lo smart working senza aver prima organizzato un adeguato piano di sicurezza informatica. Il lavoro in smart working necessita di una specifica organizzazione e richiede un certo periodo di apprendimento. La polizza cyber, del resto, deve essere il tassello finale di un adeguato percorso di risk management.
In effetti, l’Interpol ha lanciato un allarme globale alle organizzazioni sanitarie in merito agli attacchi informatici di tipo “ransomware” attraverso i quali i cyber criminali bloccano i sistemi informatici di strutture ospedaliere e servizi medici impedendo l’accesso a file e
meccanismi vitali finché non viene pagato un riscatto. È quanto avvenuto recentemente per lo sventato attacco hacker all’ospedale Spallanzani di Roma (o quello messo a segno ai danni dell’ospedale universitario di Brno nella Repubblica Ceca nello scorso marzo). Anche la Polizia Postale sta registrando un incremento importante di tentativi di cyber attack, di phishing e di truffe.

Per chi ha già una polizza in corso, potrebbe essere utile confrontarsi con il proprio intermediario di fiducia per chiedere conferma che la modifica organizzativa in smart working (o la massiva commercializzazione on-line) non sia considerabile quale “aggravamento del rischio” e che quindi non si debba notificare alcunché all’Assicuratore.
Pur considerando, comunque, che la diffusione del COVID-19 costituisce una notizia di dominio pubblico (e conosciuta dunque dagli Assicuratori). Pertanto, sarà fondamentale un’analisi caso per caso.
È altresì consigliabile chiedere conferma al proprio intermediario che la polizza in corso copra i rischi connessi alla policy del Bring your own device (cd. BYOD). Lo stesso dicasi qualora l’azienda avesse aumentato la commercializzazione dei prodotti on-line.

È tuttavia lecito aspettarsi che, in sede di rinnovo, l’intermediario richieda al proprio cliente notizie circa eventuali modifiche del rischio; d’altro canto le Compagnie stanno modificando i propri questionari assuntivi in conseguenza del cambiato panorama organizzativo (ad es. inserendo domande sul ricorso allo smart working; sulle modalità di accesso da remoto; sulla percentuale di fatturato tramite commercio on-line; sui requisiti di sicurezza dei vendors esterni, etc.).
Va infine ricordato come queste polizze possano presentare una grande varietà di estensioni e di esclusioni, nonché di servizi offerti. Tali aspetti vanno attentamente verificati nel testo di polizza, considerando anche la dinamicità di queste coperture, soggette a continui aggiornamenti, in ragione della mutevolezza del rischio tecnologico e digitale.

MARITTIMO
La pandemia ha causato grandi difficoltà al commercio mondiale, con gli armatori (soprattutto nei trasporti di linea) alle prese con la congestione portuale, spesso richiedendo che i carichi dei container siano scaricati a breve distanza dal porto di scarico nominato e
immagazzinati in attesa di essere spediti in un secondo momento.
Sebbene ciò non sia raro nei traffici commerciali, si sono registrati ritardi maggiori del normale, il che rende difficile valutare la ragionevolezza dei tempi di spedizione. La cancellazione dei viaggi e i ritardi nelle operazioni di carico e scarico a causa della carenza
di personale e dei contagi nei porti e sulle navi, comporteranno probabilmente un aumento dei sinistri in materia di controstallie, noleggio, responsabilità civile dei noleggiatori, responsabilità dell’armatore verso l’equipaggio e lesioni personali a terzi, senza contare le dispute relative a possibili danni a merce deperibile (frutta, pesce, congelati e refrigerati) per danni da ritardo alla riconsegna.

La copertura merci di solito esclude la perdita o il danno dovuto al ritardo, e alcune polizze escludono addirittura la copertura anche se il ritardo è stato causato da un rischio assicurato. L’accumulo di merci in transito può superare il limite assicurato consentito.
Inoltre, potrebbero verificarsi controstallie per i noleggiatori, che potrebbero non essere recuperabili assicurativamente. Le merci deperibili possono essere coperte per il deterioramento se causate da un pericolo assicurato, ma potrebbero non essere coperte per
la consegna tardiva o ritardata. Non tutte le polizze coprono i costi aggiuntivi di trasporto e/o per deviazioni, che potrebbero essere necessarie in caso di porti non sicuri o bloccati.
Le richieste di risarcimento per eventuali costi di riparazione potrebbero aumentare a causa dell’aumento di prezzo dei pezzi di ricambio, dell’interruzione della supply chain e della carenza di personale, causando quindi maggiore esposizione per gli assicuratori dello scafo.
Eventuali esclusioni relative a cause di forza maggiore, epidemie o pandemie, malattie trasmissibili e azioni delle autorità civili dovranno essere esaminate in modo molto dettagliato: gli eventi che costituiscono cause di forza maggiore sono solitamente indicati nel contratto.

Anche in questo settore le Autorità hanno adottato nel corso di questi mesi diversi provvedimenti emergenziali relativi al trasporto ed al traffico marittimo. Con l’art. 4 del D.P.C.M. del 26 aprile 2020, è fatto obbligo per gli armatori e per i vettori di acquisire e
verificare prima dell’imbarco la documentazione necessaria dei soggetti che intendono fare ingresso in Italia, nonché di misurare la temperatura corporea.
L’art. 6, recante disposizioni in materia di navi da crociera e di bandiera estera, prevede la sospensione dei servizi di crociera da parte delle navi passeggeri di bandiera italiana. È inoltre fatto divieto alle società di gestione, agli armatori ed ai comandanti delle navi passeggeri italiane impiegate in servizi di crociera di imbarcare passeggeri in aggiunta a quelli già presenti a bordo, con ciò di fatto limitando il numero degli scali e l’operatività della nave. Una volta assicurate le misure di prevenzione sanitaria, le navi possono sbarcare nel porto di fine crociera. È invece vietato alle navi passeggeri di bandiera estera lo scalo nei porti italiani, anche ai fini della sosta inoperosa.

CREDITO E CAUZIONI
La pandemia e il conseguente stop forzato di molte attività d’impresa (nonché la c.d. supply chain disruption) potrebbero condurre a ritardi nei pagamenti, soprattutto da parte di aziende già in difficoltà, così ingenerando sinistri che interessano le polizze credito.
In questo contesto, molte delle Compagnie assicurative operanti nel settore hanno prontamente adottato misure di flessibilità in favore dei loro clienti, ad esempio riconoscendo la facoltà di concedere dilazioni dei termini di pagamento originariamente
convenuti con i debitori, oppure prorogando i termini di pagamento dei premi assicurativi, per la presentazione delle dichiarazioni di fatturato ovvero per la denuncia di sinistri.
A ogni modo, in caso di sinistro, le Compagnie potranno sempre opporre esclusioni di copertura, ad esempio fondate sulla mancata comunicazione di circostanze inerenti l’affidabilità e la solvibilità dei debitori, laddove slegate dalla pandemia. Più difficile potrebbe essere per le Compagnie opporre il c.d. prior knowledge, ossia la pregressa conoscenza di fatti o circostanze che facevano ragionevolmente prevedere l’inadempimento contrattuale:

nel caso del COVID-19 tale argomento potrebbe rilevare solo dal momento in cui la pandemia era ormai nota e diffusa in tutto il mondo.
Per quanto attiene alle cauzioni, è ragionevole aspettarsi un aumento delle domande di escussione delle polizze da parte dei Beneficiari, trattandosi di altro settore fortemente colpito dalle restrizioni emesse dal legislatore dell’emergenza.
Basti pensare a quanto avvenuto nel mondo degli appalti e, in particolare, alle criticità riscontrate dagli operatori nel proseguire l’esecuzione dei lavori, in primis per la necessità di adottare e rispettare i provvedimenti volti alla prevenzione del contagio e, per altro verso, stante la chiusura di numerose attività definite “non essenziali” ma certamente necessarie al funzionamento e all’approvvigionamento dei cantieri.

Preso atto di questa situazione, indubbiamente nota anche alle Stazioni appaltanti, si ritiene che i Beneficiari delle cauzioni non possano legittimamente escutere le polizze rilasciate a loro favore, allorquando i ritardi dell’appaltatore nell’adempimento dipendano
(esclusivamente) dal rispetto delle misure di contenimento della pandemia.
Pertanto, in caso di escussione, anche le Compagnie assicurative potranno opporsi alla richiesta di pagamento sollevando l’exceptio doli generalis seu praesentis e rilevando la manifesta abusività della condotta del Beneficiario.

CUMULO DEI SINISTRI
Per le aziende che subiscono gli effetti a catena generati da un’epidemia di coronavirus in diverse località, in Italia o in diversi Paesi, diventa importante la possibilità di vedersi assicurato il c.d. cumulo dei sinistri. Ciò dipenderà dai particolari relativi all’attività svolta e dai termini della polizza, che influenzeranno l’eventuale applicazione di un limite di franchigia o di copertura (per l’assicurazione, e forse anche per la riassicurazione).

RIASSICURAZIONI
Le perturbazioni del mercato finanziario derivanti dalla diffusione del coronavirus si ripercuotono anche sul settore riassicurativo. Il prolungato stress sui mercati azionari e del credito, combinato con il calo dei tassi d’interesse, rischia di diminuire gli utili e di erodere il capitale dei riassicuratori.
Le cancellazioni di eventi (come le Olimpiadi di Tokyo, per ora rimandate al 2021) dovute al coronavirus possono essere parzialmente coperte dall’assicurazione e i riassicuratori potrebbero subire perdite sostanziali.
A seguito della crisi COVID-19, i riassicuratori cercheranno anche di migliorare il loro bilancio e la loro redditività attraverso tassi più elevati, che gli assicuratori probabilmente trasferiranno ai loro clienti.

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