Revisori che non hanno rivisto un bel nulla e periti estensori di stime ridicole: al di là delle responsabilità penali c’è la sensazione di un clima di impunità generale
UNO SCANDALO AMPIAMENTE ANNUNCIATO – Ho letto con attenzione le cronache sugli sviluppi dell’affare FonSai, culminato nelle misure restrittive per le figlie dell’ingegnere Ligresti, che, da garantista e vista la gravità del provvedimento, mi auguro ben giustificate. Le indagini, allo stato attuale, mi hanno deluso perché non sono emersi, almeno finora, elementi particolarmente nuovi o diversi da quel che è stato denunciato, da diversi anni, dalle inchieste dei giornali: gli stipendi esagerati ai famigliari ed ai manager più vicini; l’uso e l’abuso delle operazioni con le parti correlate; e consulenze sospette retribuite a suon di milioni; i quattrini distolti dalle casse delle compagnie per finanziare le iniziative più bizzarre, dalle scuderie dei cavalli alle imprese nella moda. E così via. È lo scandalo, in un certo senso, più annunciato nella storia dei crack finanziari.
TUTTO TACE – Eppure, negli ultimi dieci anni (per limitarci a quanto successo dopo l’assorbimento di Fondiaria da parte di Sai) fatti e misfatti di casa Ligresti sono stati raccontati da buoni se non ottimi giornalisti, che hanno messo in guardia contro le valutazioni stratosferiche degli alberghi di famiglia rifilati alle compagnie piuttosto che alle strane triangolazioni dell’Immobiliare Lombarda. Per non parlare degli indici di solvibilità di Sai e della contabilità sinistri, più volte mesa all’indice dagli analisti finanziari. A fare un bilancio dell’affaire Ligresti, una volta tanto, si possono assolvere i giornalisti: il sistema dell’informazione, nel complesso, ha fatto il suo dovere. Ma gli altri? Per mettere in moto la magistratura c’è voluta la denuncia di Amber, un fondo Activist. Nel frattempo ha taciuto l’Isvap, che ci ha messo dieci anni ad avviare un’ispezione in casa FonSai. E la Consob non ha dato prova di straordinaria disattenzione. L’atteggiamento dell’Isvap ha sollevato le attenzioni della magistratura, che ha già inviato un avviso di garanzia nei confronti dell’ex presidente Giancarlo Giannini. Nei confronti della Commissione tutto tace.
UNA LUNGA FILA DI COMPORTAMENTI IRRITUALI – Anche se nessuno ha mai smentito la collaborazione probabilmente preziosa del figlio dell’ex presidente Lamberto Cardia, oggi approdato alle Ferrovie, al gruppo Ligresti. E così via. Non fa certo notizia la lunga fila di comportamenti irrituali ed illegali che potrebbe aver commesso l’ingegnere di Paternò, da sempre molto confuso quando si tratta di distinguere il portafoglio personale da quello delle società possedute agli azionisti. Dovrebbe farlo, al contrario, il lunghissimo elenco di collaboratori d’oro che hanno accompagnato la sua avventura. Nella rete della magistratura, per ora sono caduti i sindaci di FonSai. Ma gli altri? Che dire dei sindaci di Premafin o di altre società della galassia? E che dire dei periti che hanno asseverato valori che, alla prova dei fatti, si sono rivelati assai lontani dalla realtà del mercato? E dei professori che hanno emesso inutili pareri pro veritate, di sostegno, generosamente retribuiti? E le banche? Si è molto parlato dell’abilità di Salvatore Ligresti a puntellare le maggioranze o a prestar servizi a Mediobanca fin dai tempi di Enrico Cuccia piuttosto che in altri consigli.
UN CLIMA DI IMPUNITA’ GENERALE – Ma il sistema delle regole e dei controlli, quando funziona, è abbastanza robusto per rifiutare gli accordi tra i potenti quando non sono rispettati i criteri del buon senso. È troppo comodo scaricare sulle spalle dell’a.d. di Unicredit la responsabilità di fidi avventurosi. Ci sono funzionari, assai ben pagati, che hanno dato il nulla osta anche quando non ne erano convinti. Ci sono consiglieri d’amministrazione, i cosiddetti indipendenti – da me sempre definiti “dormienti” – che si sono voltati dall’altra parte invece di fare il proprio dovere. Ci sono società di revisione che non hanno rivisto un bel nulla. O periti di chiara fama, cattedratici che hanno sottoscritto stime ridicole. È questo il vero scandalo. In parte, ci penserà la magistratura. Ma al di là delle responsabilità penali c’è la sensazione di un clima di impunità generale, in cui tutto è lecito, anche a scapito dell’onorabilità. È bene che emergano a chiare lettere i nomi dei periti, dei consulenti, dei revisori, dei sindaci e degli altri compagni di strada dell’Ingegnere che davanti ai giudici potrebbe dire e probabilmente dirà: “Io, Vostro onore, ho sempre fatto così”. Con buona pace di tutti i piccoli azionisti che hanno visto volatilizzarsi i propri risparmi, per aver creduto nella società, nell’imprenditore, nei sindaci, nei revisori, nei periti valutatori, nei professori, nell’Isvap, nella Consob e nelle banche.
Autore: Pompeo Locatelli – Bluerating (Articolo originale)