(di Stefano Loconte e Cristina Mitidieri- ItaliaOggi Sette)
L’esenzione per i Piani individuali di risparmio si combina con la detrazione del 30%
Esenzione fiscale per i «Pir», i nuovi Piani individuali di risparmio, contenitori fiscali introdotti nell’ordinamento con l’esigenza di «indirizzare il risparmio delle famiglie, attualmente concentrato sulla liquidità, verso gli strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate sul territorio italiano per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario» (Relazione alla legge di bilancio 2017, art. 1, commi 100-114).
Si tratta di contenitori idonei ad accogliere tutti gli strumenti finanziari esistenti sul mercato retail, purché l’insieme sia posseduto nel lungo termine (holding period di cinque anni), assemblato seguendo criteri determinati e mediante il coinvolgimento degli intermediari abilitati e delle imprese di assicurazione residenti ovvero di soggetti non residenti ma che operano in Italia mediante stabile organizzazione o rappresentante fiscale. È, tra l’altro, permesso il trasferimento del Piano da un intermediario abilitato ad altro (intermediario) senza interruzione dell’holding period; viceversa, la cessione degli strumenti finanziari durante il periodo minimo o il rimborso dei medesimi (senza reinvestimento nei 30 giorni successivi) producono la decadenza dal beneficio con recupero a tassazione di tutti i redditi nel mentre esentati.
In quest’ottica e finalità, sulla scia delle esperienze degli «Isa» (Individual saving account) inglesi e dei «Plan d’Epargne retraite» francesi, sono stati agevolati gli investimenti effettuati da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa, con una totale esenzione dalle imposte sostitutive e ritenute (26% di aliquota) applicate ai redditi di capitale e ai redditi diversi di natura finanziaria derivanti dagli strumenti finanziari inclusi nel Piano, con esclusione di quelli derivanti dalla detenzione o negoziazione di partecipazioni «qualificate», in quanto non trovano fonte in un investimento finanziario, e di quelli che concorrono alla formazione del reddito imponibile Irpef.
Per inciso, nel computo delle partecipazioni qualificate, ai fini della esclusione, la norma (ex art.1 comma 100) richiede la sommatoria anche delle percentuali di partecipazione o di diritti di voto possedute dai familiari dell’investitore.
Sempre nell’ottica della personalizzazione degli investimenti, ciascun investitore non può essere titolare di più di un Piano nella vita (tant’è che si richiede, in tal senso, il rilascio di una autocertificazione dell’investitore all’atto del conferimento dell’incarico all’intermediario) e ogni Piano può avere un unico titolare, così come altrettanto rigorosi sono i limiti quantitativi (il costo di acquisto degli investimenti «qualificati» fiscalmente rilevante non può eccedere l’importo annuo di euro 30.000 e complessivo di euro 150.000).
In presenza di altri rapporti con il medesimo intermediario, è necessaria una separazione contabile delle somme destinate nel Pir e la norma (ex art. 1.113) richiede che all’interno dello stesso Piano sia tenuta memoria della stratificazione storica degli investimenti (cfr.: «… separata evidenza delle somme destinate in anni differenti.»).
Necessaria è l’apertura di un rapporto di custodia o amministrazione, anche fiduciaria, o di gestione di portafogli o di altro stabile e continuativo rapporto, con opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato di cui all’art. 6 del dlgs 461/1997, o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, instaurato con i suddetti operatori professionali in considerazione della rischiosità degli investimenti oggetto del Piano e delle esigenze di accertamento dell’amministrazione finanziaria connesse con la concessione dell’esenzione.
Lo «stabile rapporto», chiarisce la relazione, è riscontrabile anche in assenza di un formale rapporto di custodia o di amministrazione, quale potrebbe essere un «deposito virtuale» o una «rubrica fondi», o quando si tratti di titoli, quote o certificati che non possono formare oggetto di autonoma circolazione senza l’intervento dell’intermediario, come ad esempio nel caso di titoli non cartolarizzati.
Affinché gli investimenti si considerino «qualificati», è stato previsto un obbligo di diversificazione e un divieto di concentrazione in capo agli intermediari abilitati, pena la decadenza dal beneficio e la ripresa a tassazione di quanto già goduto. Infatti, ai fini della diversificazione, almeno il 70% degli investimenti deve avvenire a favore di strumenti finanziari, quotati e non, emessi o stipulati con società che svolgono attività diversa da quella immobiliare, fiscalmente residenti in Italia o in Stati Ue o See con stabili organizzazioni in Italia; e almeno il 30% del predetto 70% (ossia il 21% del totale investito) deve essere rappresentato da strumenti finanziari di società diverse da quelle inserite nell’indice FtseMib di Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati. Il restante 30% del valore del Piano può essere investito in qualsiasi altro strumento, inclusi depositi e conti correnti. La condizione quantitativa sulla diversificazione della composizione è verifi cata per ciascun anno solare di vita del Pir, per un periodo di tempo pari almeno ai due terzi di ciascun anno.
Sul piano della concentrazione, non più del 10% delle somme o valori destinati nel Piano può essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati da/con lo stesso soggetto, o con altra società appartenente al medesimo gruppo, oppure in depositi e conti correnti.
L’investimento negli strumenti finanziari «rilevanti» può avvenire sia direttamente che tramite Oicr «dedicati», nel rispetto delle medesime condizioni quanti-qualitative. L’obiettivo è quello di convogliare il risparmio privato verso forme di gestione che favoriscano una «corretta allocazione del risparmio stesso nel lungo periodo», tant’è che le risorse del Piano non possono essere destinate a investimenti in realtà di paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni.
Da ultimo, si agevolano anche i trasferimenti mortis causa degli strumenti fi nanziari detenuti nel Piano con una esenzione totale da imposta sulle successioni e donazioni (ex art. 1, comma 114).
Sulla base di quanto esposto, nulla osta al conseguimento di un doppio beneficio fiscale ritraibile dalla combinazione della misura agevolativa dei Pir in discorso con quella divenuta «strutturale» a decorrere proprio dal 2017 e dedicata alle pmi innovative, facendo affl uire gli investimenti «agevolabili» sulle pmi che rappresentano il 90% delle aziende italiane e che trovano nell’Aim di Borsa Italiana il mercato dedicato per la loro quotazione. Laddove il Pir fosse, infatti, utilizzato per acquisire un portafoglio di 10 aziende di Aim Italia (Pmi innovative), l’investitore otterrebbe una detrazione fiscale del 30% sull’investimento annuale massimo consentito (pari ad euro 9.000 per anno); e tale benefi cio si sommerebbe alla esenzione totale da tassazione dei redditi derivanti dagli investimenti effettuati nel Pir.