(Fonte: Il Sole 24 Ore)
Dalla nuova tassazione sui benefit alla deducibilità per i servizi contrattati. È stato calcolato che un dipendente potrà risparmiare fino a quasi cinquecento euro al mese
«Benefit non assoggettati a tassazione né a contribuzione in capo al dipendente, anche se concessi in base a un contratto, accordo o regolamento aziendale (ma a determinate condizioni). Relative spese sostenute dal datore di lavoro completamente deducibili dal reddito di impresa se le opere e i servizi offerti ai lavoratori derivano da un vincolo contrattuale; parzialmente deducibili, invece, se erogati volontariamente». Mancano ancora una serie di chiarimenti normativi ma questo è lo spirito del quadro normativo in materia di welfare aziendale, dopo le ultime modifiche apportate dalla legge di Stabilità.
Un intervento importante che permetterà al welfare aziendale una maggiore e sempre più strutturata diffusione.
Ma vediamo nel dettaglio come spiega Stefano Sirocchi, dottore commercialista ed esperto del tema, (si veda “Deducibilità ampia per il nuovo welfare aziendale”, di Stefano Sirocchi, Quotidiano del Lavoro, 12.02.2016). «L’articolo 51, comma 2, lettera f, del Tuir, mediante rinvio all’articolo 100, comma i dello stesso Testo unico, esclude dalla formazione del reddito di lavoro dipendente l’utilizzazione delle opere e dei servizi concessi ai lavoratori, a patto che gli stessi abbiano finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto. Con la legge di Stabilità 2016 sono stati esplicitamente inclusi anche i servizi di educazione offerti dalle scuole dell’infanzia, i centri estivi o invernali per i bambini, nonché l’assistenza a familiari anziani o non autosufficienti».
Chi ne potrà usufruire? «Per fruire dell’agevolazione è inoltre necessario che i benefit siano messi a disposizione della generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi, ma ne possono beneficiare anche i familiari individuati dall’articolo 12 del Tuir, anche se fiscalmente non a carico (circolare 326/1997)».
Quali sono le novità rispetto al passato? «Anche il previgente articolo 51, comma 2, lettera f, del Tuir consentiva – prosegue Sirocchi – l’esenzione fiscale e contributiva per il dipendente alle condizioni poste dall’articolo 100, comma 1, ma per il combinato disposto delle due previsioni si richiedeva che la spesa relativa alle opere e servizi fosse sostenuta volontariamente e non in adempimento di un vincolo contrattuale. Peraltro, il rispetto dell’articolo 100 condizionava il trattamento fiscale per l’impresa, per cui i costi sostenuti dal datore di lavoro erano deducibili nei limiti del 5 per mille delle spese per lavoro dipendente. La nuova formulazione dell’articolo 51, comma 2, lettera f, in vigore dal 1° gennaio 2016, invece, consente l’esonero fiscale anche qualora l’utilizzazione dei benefit avvenga in base a un vincolo contrattuale. In questo caso si applica la disciplina generale definita dall’articolo 95 del Tuir e i costi sostenuti a monte sarebbero interamente deducibili dal reddito di impresa, visto che l’articolo 95 non pone specifiche limitazioni».
Da qui prospettive importanti, anche perché «alla luce di tali modifiche per i benefit concordati viene meno quella simmetria normativa perfetta che in precedenza legava il beneficio fiscale del dipendente alla limitata deducibilità dei costi per l’impresa. Il disallineamento tra le due disposizioni a nostro avviso è possibile, non essendo presente – nell’attuale impianto normativo – un principio generale di correlazione tra deducibilità delle spese da parte del soggetto erogante e tassabilità del reddito in capo al percettore. Questa pare anche essere la posizione del ministero dell’Economia espressa nella circolare 188/1998: «non esiste una disposizione di legge, se non per quanto riguarda i fabbricati, che stabilisca che è deducibile nella determinazione del reddito d’impresa soltanto ciò che costituisce reddito per il dipendente»».
Di fatto un concreto aiuto alle famiglie italiane.
L’ammontare varia a seconda del profilo ma il risparmio netto che arriva infatti nelle tasche di un dipendente se l’azienda adotta un piano di welfare aziendale può essere stimato in, euro più euro meno, attorno ai cinquecento euro medi annui. Dai voucher per pagare l’asilo nido alle convenzioni per la spesa sanitaria, le opportunità sono in crescita.
Numeri alla mano (grazie anche a uno studio fatto qualche tempo fa da Welfare Company) è possibile stimare una simulazione di questa cifra. A cominciare dai buoni pasto che grazie alla quota esentasse, spiegano, «costituisce un van taggio per il dipendente rispetto all’indennità mensa»: il buono pasto da solo vale 350 euro l’anno che sale a 462 se si tratta di un buono pasto elettronico. Mentre il buono regalo o carburante, essendo un fringe benefit che non concorre a formare reddito, si traduce in un risparmio di 258 euro. Solo per citare i benefit più diffusi.
E se finora, secondo una recente ricerca che Asam (Associazione per gli Studi Aziendali e Manageriali dell’Università Cattolica di Milano) ha realizzato per la sesta edizione del Premio Assiteca un’azienda su due – il 52%- ha un atteggiamento positivo nei confronti di questo strumento, c’è da ipotizzare che questa percentuale è destinata a crescere velocemente dopo che la legge di Stabilità.
Questo vuoi dire che ad esempio i voucher per l’asilo dal 2016 oltre ad essere esentasse nel caso in cui sono previsti dai piani welfare erogati dal singolo datore di lavoro volontariamente, lo saranno anche se stabiliti dai contratti integrativi.
Insomma uno scatto in avanti dopo anni sonnolenti, anche perché si discute di uno strumento che potrebbe coinvolgere circa 620mila lavoratori.
Un vantaggio, ma anche un business. E così, attraverso una simulazione, si può calcolare che un dipendente con un figlio appena nato grazie a uno sconto del 10% su pannolini e latte (secondo i dati di Federconsumatori la spesa media nel primo caso è di 870 euro e di 2.600 euro nel secondo) può risparmiare 347 euro, ma anche grazie a una convenzione che gli permetta di tagliare sulle spese dentistiche, e sul tagliando auto, si può risparmiare fino a 501 euro.
Mentre per un dipendente che ha esigenze diverse, che cioè non ha figli, il risparmio può essere spalmato ed articolato attraverso misure che riguardano il servizio di pulizie della casa, la tintoria, addirittura uno sconto per l’affitto dell’auto per il fine settimana come uno sconto per una notte a Roma per due adulti. In questo caso il risparmio può raggiungere i 581 euro.
Se invece, terzo profilo, il dipendente ha un figlio quindicenne, e il fabbisogno è più legato alla formazione, al tempo libero, alla cura della casa, allora tra sconti per i musei e servizio di pulizie, il risparmio può toccare i 309 euro.