(di Biagio Ciccone – Il Punto Pensioni & Lavoro)
Se è vero che in tutte le società esiste il rischio di un conflitto d’interessi, anche nei fondi pensione e nelle casse di previdenza il rischio è alto. Il Consiglio di Amministrazione di un fondo pensione decide sull’allocazione dell’ingente risparmio che appartiene a chi ha sottoscritto un fondo pensione. Il valore patrimoniale, ovvero la posizione previdenziale di ciascun aderente, dipende dalla performance degli investimenti. Si parla da tempo degli investimenti nella cosiddetta economia reale, se – per esempio – il CdA dovesse investire in un fondo di private equity di un “amico” con commissioni elevate ma una cattiva performance, il costo della cattiva performance verrebbe pagato dagli aderenti, mentre la gratitudine “dell’amico” andrebbe tutta al CdA, o a chi per esso.
Tuttavia, oggi, la moral suasion del governo e dei suoi maggiordomi, sui fondi pensione e sulle casse, è più orientata a sostenere Atlante, il fondo salvabanche. Una scelta senza precedenti, perché a pagare (anche solo con un rendimento nullo) per le perdite di questi investimenti sarebbero gli aderenti, i lavoratori, i professionisti. Si tratterebbe di una tassa pesante, fatta pagare in modo indiretto.
Proprio per evitare questi problemi, si stanno facendo sempre più stringenti le regole in materia di investimenti, di conflitto di interessi e di crescenti responsabilità degli amministratori che, è bene ricordarlo, rispondono in solido e personalmente del proprio operato. Probabilmente, non tutti ne hanno piena consapevolezza.
Il DM 166/14 ha tracciato le regole che i fondi devono seguire nell’investire i soldi degli aderenti, in particolare per evitare i conflitti di interesse di cui sopra, delineando opportunità di investimento e fissandone i limiti.
Queste regole –che andavano recepite dai fondi – introducono una serie di importanti modifiche.
Oltre al rafforzamento dei controlli interni, all’adeguatezza della struttura, la novellata normativa prevede che gli investimenti debbano essere fatti “…nel rispetto del principio della sana e prudente gestione…”. In particolare i fondi devono garantire la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio.
Viene da chiedersi quale ruolo giochino in questo scenario i rappresentanti degli aderenti ai fondi pensione, vale a dire come pensano di tutelare l’interesse di chi lavorando si è fatto carico di accumulare un risparmio previdenziale per la futura pensione. E’ difficile immaginare di coniugare l’esigenza del governo di convincere i fondi pensione ad investire i risparmi degli aderenti nel fondo Atlante, dedicato principalmente a comprare i crediti deteriorati del sistema, con l’interesse degli aderenti a vedere crescere la propria posizione previdenziale.
Appare inverosimile che l’investimento in Atlante rispetti il “principio della sana e prudente gestione”. È illiquido, altamente rischioso, e con un rendimento atteso dichiarato del 6%: meno di un semplice indice azionario. Considerando che si tratta di un fondo d’investimento alternativo, non sfuggirà che dovrebbe anche essere analizzato con “procedure di analisi prospettiche quantitative” e i Consigli di Amministrazione dei fondi e delle casse dovrebbero assumersi la responsabilità di questa scelta.
Peraltro, suscita molti dubbi ed alimenta forti sospetti il fatto che tutte le principali assicurazioni italiane (ma non quelle estere) abbiano sottoscritto il fondo Atlante, solo dopo sollecitazioni e la decisione dell’IVASS che, invece di proteggere gli assicurati, si è preoccupata preventivamente di eleggere Atlante come strumento legittimo per gli investimenti delle riserve tecniche di Classe C, sollevando i vertici da ogni responsabilità. Alla protezione dei consumatori, la Banca d’Italia sembra anteporre le esigenze di stabilità. Chi proteggerà gli aderenti ai fondi pensione dal peso che dovrà sopportare Atlante? Affinché la protezione sia effettiva, tutte le funzioni di difesa degli aderenti dovrebbero far capo ad un unico organo separato, indipendente.
Possiamo aspettarci le stesse scelte nella previdenza complementare? Non credo, almeno lo spero.
Invero, l’Autorità di Vigilanza può anche sollevare dalla responsabilità il C.d.A. ma gli aderenti possono promuovere un’azione di responsabilità e chiedere l’istruttoria fatta per la valutazione dell’investimento. Non saprei, in tal caso, se possa funzionare la moral suasion sul giudice.
“Atlante” reggeva il peso della volta celeste per punizione, non vorremmo che, per reggere il peso delle banche, restino puniti coloro che investono in tale fondo.