Opinione della Settimana

Infrastrutture, caccia ai project bond

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(di Francesco Colamartino – Milano Finanza)

In un contesto di rendimenti rasoterra le assicurazioni e i fondi pensione stanno guardando alle obbligazioni infrastrutturali italiane. Le più ambite? Quelle legate ad autostrade, metro e ospedali

Non tutti i tassi vengono per nuocere. Neanche quelli bassi o a zero che ormai caratterizzano i mercati obbligazionari delle economie mature. In un contesto di enorme liquidità come l’attuale, ma in cui i fondi pensione e le assicurazioni faticano a trovare investimenti che possano garantire rendimenti dignitosi, l’attenzione si sta spostando sui bond infrastrutturali o project bond, che nel lungo periodo (anche oltre i 15 anni) garantiscano un buon rendimento annuale. «Anche perché normativa e vigilanza italiane rendono difficile per investitori non bancari esteri gestire operazioni di prestito», spiegano a Milano Finanza Jean Pascal Asseman e Giulio Baratta di Bnl-Bnp Paribas.

Nel caso italiano i bond rendono un po’ di più della media europea, dal momento che prezzano quell’ormai noto rischio-Paese che però si è andato riducendo negli ultimi tempi. Oggi ad accendere l’appetito degli investitori istituzionali internazionali in Italia sono sempre di più le infrastrutture legate ai trasporti, come metropolitane, ferrovie e autostrade, ma anche ospedali. Questo perché, per colmare il suo gap infrastrutturale, l’Italia dovrà investire circa 70 miliardi di euro nei prossimi cinque anni. Tra i progetti per i quali già si è fatto ricorso ai bond di progetto si possono citare la Metro 5 di Milano, gli ospedali di Udine e Garbagnate, l’Autostrada Serenissima Brescia-Padova, il Passante di Mestre e, se arriverà il via libera di Cdp, anche la Pedemontana Veneta. Secondo quanto risulta a Milano Finanza, gli investitori di Metro 5 sarebbero interessati a sottoscrivere una quota del finanziamento più elevata per la stessa linea e a finanziare anche la Metro 4, attualmente in corso di realizzazione. «La platea degli investitori interessati ai progetti italiani», afferma Alberto Zaffignani, head of global markets di Natixis Italia, «comprende ora molti importanti soggetti esteri, a testimonianza del migliorato clima di fiducia nei confronti del Paese».

La platea dei pretendenti è molto affollata. Tra i più dinamici c’è il colosso assicurativo tedesco Allianz, ma dalla Germania si prepara a scendere in Italia anche la compagnia di asset management Meag Munich Ergo. I francesi non possono certo assistere inermi alla calata dei tedeschi ed ecco che infatti alle nostre porte bussano anche Axa, Banque Postale, Scor e Rivage. Inoltre, visto il piano di Quantitative easing che la Bank of England ha potenziato per attutire le ripercussioni del voto sulla Brexit, anche i fondi pensione e le assicurazioni inglesi si sono messi in marcia per evitare l’erosione dei loro margini. Tra quelle che si stanno affacciando sul mercato italiano dei bond infrastrutturali figurano per esempio L&G, Aviva e M&G. E a quanto pare anche i fondi olandesi sono in perlustrazione in Italia. «Attualmente abbiamo già chiuso cinque operazioni, strutturate con project bond e project financing, nel settore dei trasporti, degli ospedali e dell’energia rinnovabile», fa notare Alberto Cei, responsabile del global infrastructure e projects di Natixis Italia. «Questo schema è particolarmente adatto per finanziare le infrastrutture in Italia, anche perché porta a una cooperazione tra banche e investitori istituzionali e ha trovato un forte interesse da parte degli sponsor. Ora stiamo lavorando attivamente su diversi mandati con strutture simili».

In questo scenario non manca l’interesse dei fondi pensione e delle assicurazioni italiani, come Generali, Cattolica, Unipol e anche Poste Vita, che di recente hanno iniziato a chiedere alle banche qualche dritta su come orientarsi nel mondo dei bond infrastrutturali. Tra le banche più attive in Italia nell’orientare gli investitori istituzionali nella sottoscrizione di questi bond e, in un secondo momento, nella strutturazione dell’operazione, ci sono Natixis, Société Générale, Unicredit, Bnl-Bnp Paribas e Ubi Banca. «Nell’ambito dell’acquisto di un bond infrastrutturale c’è di solito un anchor investor di importanti dimensioni, cui si aggregano gli altri sottoscrittori del bond», spiega Massimiliano Battisti, responsabile project finance Italia di Société Générale. «I progetti greenfield devono avere certe caratteristiche per risultare appetibili agli occhi degli investitori e in particolare un rischio di costruzione limitato, visto che esso ricade anche sulle spalle dell’investitore e in Italia, evidentemente, il rischio di costruzione non è quello Germania. Ci vogliono certezze su tempi e costi. I progetti brownfield, invece, devono garantire anche certezze sui flussi di ricavi». Secondo Battisti, l’interesse per i bond nel settore ospedaliero è alto in quelle regioni in cui c’è capacità di credito elevata, come Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna o Piemonte, ma interessante è anche il rifinanziamento delle autostrade già esistenti. «La linea 5 e la linea 4 della metropolitana di Milano, per esempio, hanno caratteristiche interessanti per un investitore», prosegue Battisti, «anche perché il Comune di Milano è percepito come serio e credibile. In questi casi inoltre non c’è neanche il rischio-traffico, dal momento che il debito viene ripagato con un canone di disponibilità corrisposto dal Comune».

Dal punto di vista del soggetto che emette il bond, come la società di progetto che costruisce e poi gestisce in concessione un’autostrada o un ospedale, va detto che spesso si tratta di una scelta obbligata, visto che negli anni del picco della crisi è stato sempre più difficile rivolgersi alle banche, che, fiaccate dal cattivo andamento dell’economia e alle prese con le strette regolamentari, si sono sempre meno esposte su finanziamenti a medio-lungo termine o lo hanno fatto applicando tassi particolarmente alti. Proprio per questo i bond infrastrutturali sottoscritti dagli investitori istituzionali, come le assicurazioni (che non hanno problemi a fare investimenti di lungo periodo), sono diventati una seria alternativa ai prestiti bancari. «È difficile però trovare investitori finanziari puri che investano nel settore delle infrastrutture per i trasporti, laddove c’è un rischio di mercato e un rischio di traffico», sottolinea Lorenzo Fidato, responsabile project finance e real estate di Ubi Banca. «Così come è più difficile trovare un’infrastruttura di nuova o recente costruzione che viene finanziata o rifinanziata unicamente attraverso il mercato dei bond». In conclusione va detto che per ora non sono molti in Italia i progetti che possono ambire a un rating investment grade. I flussi di ricavi da traffico non sempre sono certi, così come non lo sono i tempi e i costi di costruzione. E i costruttori di rado hanno bilanci in salute.

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